Category Archives: Privacy e dati personali

Amarcord Interlex

Interlex è stata sicuramente una rivista telematica innovativa, una cosa molto “avanti”, nata da Manlio Cammarata subito dopo l’avvento commerciale della Rete in Italia.
Pensate un po’ che è stata la prima realtà internettiana a divenire, già nel 1997, testata registrata.
Purtroppo, ultimamente, si è un po’ persa, ma è abbastanza naturale visto che lo spirito degli innovatori di Internet è sempre in movimento.
Ci rimane un invidiabile archivio.
Oggi, facendo un po’ di egosurfing, ho trovato questa mia cosa, proprio del 1997
Parlavo di alcuni aspetti critici della disciplina dl software. Erano anni molto fecondi per la materia. L’anno prima era stata approvata la l. 675/96 sulla tutela dei dati personali (con pesanti interventi sugli aspetti informatici del trattamento).
Così, si stava chiudendo un primo ciclo ideale comprendente anche il software (1992), i reati informatici (1993) e le banche di dati (1999).
Amarcord: non trovo espressione più suggestiva.

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Avvocati, appartenenze, dati personali – updated

Tempo di elezioni delegati Cassaforense, quella cosa che dovrebbe aiutare noi avvocati in caso di malattia, anzianità, vecchiaia.

E tanti vogliono farsi eleggere come rappresentanti da mandare, di tanto in tanto, a Roma. Il tutto, ovviamente, per perfetto e indiscutibile altruismo.

Si fa campagna elettorale, anche se, probabilmente, per qualche Collega il termine offende le nobili peculiarità dell’Avvocatura.

I “santini” non si vedono quasi più nemmeno nelle elezioni politiche e amministrative, figuriamoci per quelle “minori”. C’è la posta elettronica a sostanziale costo zero e gli indirizzi li trovi tutti sui siti dei vari Consigli dell’Ordine.

Discussione tra ieri e oggi, in un gruppo Facebook di avvocati (i testi sono leggermente modificati).

A1: Avvocato 1
M: Minotti
A2: Avvocato 2

A1: Lista Alfa. Ha ottenuto 100 voti superando le liste concorrenti. Ringrazio i Colleghi che hanno votato le candidate da me suggerite ..

M: Caro A1, colgo l’occasione per chiederti, per la prossima volta, non soltanto di suggerirci candidature, ma anche di suggerire ai candidati di non inviare, specie via email, solleciti elettorali. Certo che capirai.

A1: Caro Daniele riferirò a Tizia che la sua email (credo ne abbia mandato solo una) Ti ha infastidito e di ricordarsi in futuro di toglierTi dalla lista. Altrettanto farò io per non arrecarTi disturbo.

A1: Chi legge su facebook il Tuo indirizzo di posta elettronica che immagino Tu abbia pubblicato per fini diversi da quelli per i quali sei nell’albo può scriverTi o prima di scriverTi per dimostrare adeguata sensibilità deve chiederTi se può scriverTi?

A2: Non capisco per cosa sarebbero pubblicati gli indirizzi email sull’albo se non (anche) per consentire di scriverci tra Colleghi in relazione a richieste o eventi direttamente afferenti l’attività professionale.

M: Quella è pubblicità elettorale di singoli. Cosa molto diversa dalle comunicazioni istituzionali

A2: Pubblicità elettorale per l’elezione di nostri delegati, presso la nostra cassa di previdenza cui siamo obbligatoriamente iscritti essendo “pure” avvocati. ho difficoltà a ritenere non istituzionale la comunicazione di un Collega che mi informi aver dato la propria disponibilità a rappresentarmi in Cassa e così mi chieda il voto informandomi sui programmi che intende portare avanti, ma forse, di fondo, c’è una differente concezione della professione in termini di appartenenza ad un gruppo circoscritto di persone piuttosto che semplice attività economica liberamente esercitabile previa iscrizione in un registro pubblico

M: Gentile Collega, le elezioni sono un fatto istituzionale, la pubblicita’ elettorale no (non proviene dall’istituzione).Un conto e’ ricevere comunicazione, da parte del CDO o dalla Cassa, delle elezioni, altro ricevere, non richieste, candidature e programmi da soggetti che non sono l’istituzione.
Identica cosa delle lezioni *normali*.
Regole generali e cogenti (d.lgs. 196/2003) mi dicono che i miei dati personali (tale e’ un indirizzo email) salvo casi particolari (e non e’ questo) possono essere trattati soltanto con un consenso informato.
Per il resto, non ho capito il discorso su attivita’ economiche, appartenenze a gruppi ristretti, ecc. Preferisco – anche in quanto avvocati – occuparmi di quello che dice la legge.

(continua… c’è da scommetterci)

Aggiornamento del 23 settembre 2013

La discussione è continuata un po’. A2 ha sostenuto – se ho capito bene – che tra Colleghi si può fare un po’ tutto e la pubblicità elettorale non è come una pubblicità commerciale. Non condivido, ma rispetto.
Poi, stamattina, ricevo un’email di uno dei candidati che mi dice che, notiziato da A1, ha provveduto a rimuovere il mio indirizzo dall'”elenco”.
Ah, c’era pure un elenco…

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LSDI > Privacy: Riforma del codice di deontologia, una discussione decisiva per il giornalismo

In avvicinamento al Dig.it di lunedì e martedì, non pensato di ricordare l’avviata riforma del codice deontologico sul trattamento dati personali nel giornalismo.
Una notizia apparentemente passata nel silenzio (forse perché uscita ad agosto), ma di grande importanza.
Ne parlerò (spero non soltanto io) nel panel di martedì sulla memoria digitale.

(da LSDI del 13 settembre 2013)

E’ partita da qualche giorno la pubblica consultazione per la riforma del codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica.

Si tratta, come spiega la delibera, di “adeguare il codice alle mutate realtà e sensibilità, soprattutto alla luce delle implicazioni che l’evoluzione tecnologica ha sul modo di fare informazione”.

In effetti, il provvedimento vigente risale a ben 15 anni, quanto Internet era tutta un’altra cosa, quando il digital divide era addirittura un abisso in quel momento incolmabile.

Soltanto con lo sbarco online dell’informazione, con la straordinaria e persistente diffusività del nuovo mezzo, è emerso tragicamente il problema – già noto, ma non così evidente e sentito – del diritto all’oblio.

E si guardi anche al fenomeno dei blog che ha bruscamente mutato il modo di fare informazione, anche da parte dei giornalisti.

E soprattutto, infine, si pensi ai social network, strumento di una vera e proprio rivoluzione che ha investito frontalmente anche il giornalismo e che, come avvertito nella delibera citata, comporta ed impone una nuova sensibilità

Così oggi – sebbene con un po’ di ritardo – il Garante per le privacy ha deciso di affrontare il nodo coinvolgendo gli stessi giornalisti e invitando al confronto “associazioni o altri organismi strutturati in forma associativa che operano in particolare sulla rete Internet nei settori legati alle attività dei mezzi di informazione o si interessano della libertà di informazione e delle problematiche legate al rapporto tra quest’ultima e la protezione dei dati personali”.

Un’ occasione imperdibile per chi vuole partecipare alla discussione anche sugli aspetti etici di una professione così fondamentale per la società civile.

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Autorpromozione > Dig.it 2013

Sempre a Firenze, quest’anno la seconda edizione il 16 e il 17 settembre 2013.
I tanti attrezzi per il giornalista online nell’àmbito del “primo e unico festival in Italia dedicato al giornalismo digitale”: 12 mini-seminari e 7 panel.
Personalmente, sarò impegnato nel pane del 17 intitolato “La memoria digitale: libri e giornali; interagire, dimenticare, rettificare, archiviare?”.
QUI la presentazione, QUI il programma.

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A me gli occhi!

I Google glass leggeranno anche i movimenti degli occhi, dove il nostro sguardo si poserà.
Ovviamente – e prevalentemente – per la pubblicità: ora si parla di “pay per gaze“. Ma, in realtà, è molto di più. Il vero business è sempre quello dei dati personali, da oggi raccolti mediante questo veicolo assai invasivo.

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Eufemismi

Dai riscontri ottenuti è emerso un quadro variegato e disomogeneo“.

Quello appena riportato è un passaggio di un comunicato del Garante per la protezione dei dati personali che, annunciando un apposito provvedimento, fotografa la gestione delle intercettazioni nelle procure italiane. Che è disastrosa, come tutti gli operatori del diritto sanno.

Il comunicato è scritto in perfetto burocratichese, segno evidente dell’imbarazzo nel dover riferire e descrivere uno dei tanti mali della giustizia italiana.

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Per una cultura della privacy

Violata la privacy per procurasi la prova del reato? E che ce ne importa, i processi vanno fatti lo stesso.
E’ questo, in estrema sintesi e con un po’ di parodia, il senso di una recente sentenza della Cassazione penale. Per scendere nel dettaglio più tecnico, la Corte ha ritenuto pienamente utilizzabili alcune videoriprese effettuate in luogo privato e in spregio alle regole sulla tutela dei dati personali.
Conclusione assai discutibile, anzi totalmente sbagliata.
Solito problema: del diritto alla privacy se ne riempiono la bocca tutti, è ancora molto di moda, ma quando c’è da farlo rispettare le idee si fanno parecchio confuse.

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La fretta del fare

I decreti-legge vanno convertiti in legge. Quale occasione migliore per riscrivere norme nate male, dopo la riunione del 15 giugno, e, con i ritocchi prima della pubblicazione, cresciute peggio?

Mi riferisco al “decreto del fare”, il decreto legge 21 giugno 2013, n. 69.

Promemoria per il Parlamento, non soltanto secondo me (visto che in molti siamo giunti conclusioni simili).

1) Comma 1. Il decreto non menziona il wi-fi che, secondo il governo, si voleva liberalizzare (ma, come sappiamo, era già stato liberalizzato due anni e mezzo fa). Tuttavia, l’espresso riferimento, al comma 2, all’art. 7 del “decreto Pisanu” (che parla di Internet point, Internet cafè, phone center, ecc.), esclude che sia stata posta in essere una liberalizzazione delle telecomunicazioni. Altrimenti detto, per gli operatori di telecomunicazioni valgono i soliti adempimenti (autorizzazioni ed altro). Rimane, però, una forte ambiguità della norma, non lo si può negare. Sarebbe meglio cancellarla.

2) Sempre Comma 1. Onestamente, non mi risulta sussistente un obbligo di tracciabilità dei MAC address (identificativi di interfacce di rete). La direttiva 2006/24/CE in tema di data retenion non ne parla proprio (si menzionano, invece, IP, IMEI, ecc.). Anche in questo caso, una sbianchettata sarebbe opportuna.

3) Comma 2. La prima parte della disposizione recita: “la registrazione della traccia delle sessioni, ove non associata all’identità dell’utilizzatore, non costituisce trattamento di dati personali e non richiede adempimenti giuridici” Si tratta, in realtà, di un altro passaggio ambiguo. Affermare che le tracce delle sessioni, senza associazione di identità, non sono dati personali potrebbe apparire un’ovvietà. Peccato, però, che la definizione di dato personale sia ben ampia e comprenda anche quelle informazioni che rendono la persona anche soltanto identificabile. A ben vedere, la norma spalancherebbe le porte anche a gestioni “disinvolte” di certi danti. Da cancellare, per evitare imbarazzanti sovrapposizioni anche con la normativa sovranazionale.

Fortunatamente, non è tutto da buttare, ma la fretta del fare a volte porta a disfare.

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La privacy de noantri

Tutti contro Obama e Prism. Giusto, quanto meno per chiedere chiarimenti sulla riservatezza anche di noi italiani, visto che anche in Italia si usiamo servizi americani. Però…

Forse per mera coincidenza, proprio ieri il Garante ha pubblicato la sua relazione annuale, schierandosi a difesa della privacy contro… i soliti big dell’informatica, Google e Facebook in testa. O, almeno questa, è l’estrema sintesi che ne ha fatto la stampa inserendo questa notizia subito dopo il blocco riservato al “Datagate”.

In realtà, il presidente dell’Autorità, il prof, Antonello Soro, di professione dermatologo, già il 6 giugno era intervenuto sul punto con parole molto caute. Poi silenzio, almeno sul sito ufficiale.

Il manto, però, è calato ancora di più su cose di casa nostra.

Parliamo del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 gennaio 2013 intitolato “Direttiva recante indirizzi per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica nazionale”.

La stampa ne ha parlato, verso la fine di marzo, in modo molto sterile, il più delle volte sottolineando positivamente l’impegno del Governo (allora quello presieduto da Mario Monti) nel perseguire obiettivi di sicurezza informatica. Poi, il discorso è caduto nel dimenticatoio.

Eppure i passaggi critici non sono pochi perché il rischio è che si aggiri la magistratura per controllarci tutti in barba a garanzie e diritti.

Ad occhio, direi che, oggi, ne ha parlato soltanto Fulvio, peraltro, citato insieme a me sul Secolo XIX cartaceo di ieri in un’intera pagina dedicata a tutti ‘sti spioni.

L’argomento merita una nuova riflessione – ha ragione Fulvio – proprio alla luce dei fatti d’oltreoceano, perché gli spioni sono anche “de noantri”.

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Videocondominio

Tra pochi giorni, come ampiamente annunciato dai media, entrerà in vigore la riforma del condominio, cioè la legge 220 dell’11 dicembre 2012.
Tra le altre norme come quella sullo sdoganamento degli animali domestici, ve n’e’ una particolare sulla videosorveglianza, in spazi comuni, ovviamente.
Si tratta del nuovo art. 1122-ter del codice civile

Art. 1122-ter. – (Impianti di videosorveglianza sulle parti comuni). – Le deliberazioni concernenti l’installazione sulle parti comuni dell’edificio di impianti volti a consentire la videosorveglianza su di esse sono approvate dall’assemblea con la maggioranza di cui al secondo comma dell’articolo 1136

In un interessante articolo, Luigi Scalciarini ci riferisce sull’impatto della novella.
Il “super-concentrato” è questo, a mio avviso: la riforma non dà pieni poteri all’assemblea condominiale perché le regole della privacy vanno pur sempre rispettate.
E non è poco.

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