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Più Internet per tutti

L’ultima, in ordine di tempo, dei nostri parlamentari: obbligare il commerciante (e simili) a dotarsi di connessione Internet con wifi e renderla aperta e disponibile gratuitamente a chiunque.
E il disegno di legge C. 2528 presentato da alcuni deputati Pd. QUI il testo.
In realtà, c’è qualche previsione anche a carico del pubblico, ma si tratta, a mio modo di vedere, di casi meno chiari.
Ancora una volta, dunque, il privato, già vessato, viene chiamato – anzi, obbligato – a provvedere in luogo del pubblico, per l’Italia (e con grande beneficio mediatico per i proponenti).
Nel particolare.
La previsione di un fondo di 2 milioni di euro per il sostegno all’installazione è ridicola.
La sanzione “sino a 5.000 euro” vuol dire veramente poco se non è previsto un minimo (comma 5).
Ancora una volta, dunque: obblighi e costi, incentivi bene pochi, se non mai.
Alla via così…

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Fare, disfare, rifare

Pubblicato oggi il decreto “del Fare” convertito nella legge 98/2013.

Dopo le sortite in conferenza stampa, passati per testi ufficiali e non, siamo finalmente giunti ad un testo accettabile (riportato, per comodità, in calce).

Rimane il riferimento alla “liberalizzazione” del wifi, che, però, era già stata sancita a fine 2011 disinnescando il “decreto Pisanu” (pure richiamato all’art. 7, non si sa bene perché).

Scompare il fantasioso riferimento alla tracciatura degli indirizzi MAC (che tanto ha fatto vanamente discutere schiere di esperti e presunti tali).

Viene escluso il regime autorizzativo per chi non fa impresa di telecomunicazioni, mentre per l’installazione di router e modem non è più necessario rivolgersi a personale qualificato.

Tutto è bene quel che finisce bene e poteva andare proprio male.

 

Art. 10
Liberalizzazione dell’accesso alla rete internet tramite tecnologia WIFI e dell’allacciamento dei terminali di comunicazione alle interfacce della rete pubblica

 

((1. L’offerta di accesso alla rete internet al pubblico tramite tecnologia WIFI non richiede l’identificazione personale degli utilizzatori. Quando l’offerta di accesso non costituisce l’attivita’ commerciale prevalente del gestore del servizio, non trovano applicazione l’articolo 25 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni, e l’articolo 7 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, e successive modificazioni.))

2. ( ((soppresso).))

3. Al decreto legislativo 26 ottobre 2010, n. 198, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l’articolo 2 e’ ((abrogato));

b) all’articolo 3 il comma 2 e’ sostituito dal seguente: «2. Il decreto del Ministro delle poste e telecomunicazioni 23 maggio 1992, n. 314, e’ abrogato».

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La fretta del fare

I decreti-legge vanno convertiti in legge. Quale occasione migliore per riscrivere norme nate male, dopo la riunione del 15 giugno, e, con i ritocchi prima della pubblicazione, cresciute peggio?

Mi riferisco al “decreto del fare”, il decreto legge 21 giugno 2013, n. 69.

Promemoria per il Parlamento, non soltanto secondo me (visto che in molti siamo giunti conclusioni simili).

1) Comma 1. Il decreto non menziona il wi-fi che, secondo il governo, si voleva liberalizzare (ma, come sappiamo, era già stato liberalizzato due anni e mezzo fa). Tuttavia, l’espresso riferimento, al comma 2, all’art. 7 del “decreto Pisanu” (che parla di Internet point, Internet cafè, phone center, ecc.), esclude che sia stata posta in essere una liberalizzazione delle telecomunicazioni. Altrimenti detto, per gli operatori di telecomunicazioni valgono i soliti adempimenti (autorizzazioni ed altro). Rimane, però, una forte ambiguità della norma, non lo si può negare. Sarebbe meglio cancellarla.

2) Sempre Comma 1. Onestamente, non mi risulta sussistente un obbligo di tracciabilità dei MAC address (identificativi di interfacce di rete). La direttiva 2006/24/CE in tema di data retenion non ne parla proprio (si menzionano, invece, IP, IMEI, ecc.). Anche in questo caso, una sbianchettata sarebbe opportuna.

3) Comma 2. La prima parte della disposizione recita: “la registrazione della traccia delle sessioni, ove non associata all’identità dell’utilizzatore, non costituisce trattamento di dati personali e non richiede adempimenti giuridici” Si tratta, in realtà, di un altro passaggio ambiguo. Affermare che le tracce delle sessioni, senza associazione di identità, non sono dati personali potrebbe apparire un’ovvietà. Peccato, però, che la definizione di dato personale sia ben ampia e comprenda anche quelle informazioni che rendono la persona anche soltanto identificabile. A ben vedere, la norma spalancherebbe le porte anche a gestioni “disinvolte” di certi danti. Da cancellare, per evitare imbarazzanti sovrapposizioni anche con la normativa sovranazionale.

Fortunatamente, non è tutto da buttare, ma la fretta del fare a volte porta a disfare.

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Wi-fi libero ad insaputa dei politici – Updated

Ieri ho scritto una cosa per Giornalettismo a proposito della liberalizzazione del wi-fi già liberalizzato a fine 2010 e Zanonato non lo sapeva.
Più tardi, un amico mi ha invitato a leggere Vito Crimi, su Facebook, il quale rivendicava come appartenenti a M5S molte delle novità introdotte con il “decreto Fare”: pure il wi-fi libero, ovviamente.

Update di poco dopo. Su La Stampa la Regione Piemonte si vanta di aver precorso i tempi: “In veste di pioniere, con legge regionale 5/2011, nota come “del WiFi libero”, il Piemonte riconosceva infatti l’accesso alla rete come diritto di cittadinanza, obbligando la Regione ad aprire in ogni sua sede territoriale un hotspot libero e senza autenticazione”.
Quindi, tra le altre cose secondo l’articolista una legge regionale basterebbe a far venire meno un obbligo (quello dell’identificazione, comunque venuto meno da tempo) discendente da una legge statale. Bah…

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Wi-Fi: aspettando la “conversione”

Non ho scritto nulla, ad oggi, sul Wi-Fi “libero” (così definito con un po’ troppa enfasi, secondo me – e sono molto d’accordo con quanto sostiene Bob) per tanti motivi.
Un po’ perché molti l’hanno già fatto in termini ampi e corretti (tranne qualche sbavatura sulla pretesa sopravvivenza di norme regolamentari palesemente abrogate, seppure in modo tacito).
Un po’ perché non ho avuto tempo.
Un po’, infine, perché… l’attuale disciplina (obbligo di licenza per alcune categorie, ma stop ad identificazione e altri adempimenti) non è detinitiva.
Sì, perché tutto è stato fatto – peraltro in fretta e furia – con un decreto legge “milleproroghe” che, in quanto tale, deve essere convertito in legge. Anche il “decreto Pisanu” era un decreto legge e il testo era un po’ diverso.
Allora, visto che già l’anno scorso si era parlato apertamento di misure più “soft” (per l’identificazione), le notizie del Corriere riportate da Fulvio non suonano, poi, così strane.
Scommetto su di un, pur parziale, passo indietro.

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