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PPT e piccole cose 7: via alle notificazioni via PEC in Cassazione

Come da oggetto.
In realtà chi frequenta la Cassazione sa che c’è già stata una sorta di “sperimentazione” partita proprio quest’estate.
Ora è realtà, con la pubblicazione in Gazzetta del Decreto Giustizia 14 settembre 2017  – Notificazioni telematiche ai difensori nel processo penale di legittimita’ presso la Corte Suprema di Cassazione, ai sensi dell’articolo 16, comma 10, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2012, n. 221.
Purtroppo, come al solito, la “riforma” è asincrona: porta un vantaggio soltanto alla magistratura, non all’imputato e al suo difensore.

A decorrere dal quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, l’art. 16 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni nella legge 17 dicembre 2012, n.
221, trova applicazione per le notificazioni, a cura delle cancellerie della Corte suprema di cassazione, a persona diversa dall’imputato a norma degli articoli 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, del codice di procedura penale.

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Per una cultura della privacy

Violata la privacy per procurasi la prova del reato? E che ce ne importa, i processi vanno fatti lo stesso.
E’ questo, in estrema sintesi e con un po’ di parodia, il senso di una recente sentenza della Cassazione penale. Per scendere nel dettaglio più tecnico, la Corte ha ritenuto pienamente utilizzabili alcune videoriprese effettuate in luogo privato e in spregio alle regole sulla tutela dei dati personali.
Conclusione assai discutibile, anzi totalmente sbagliata.
Solito problema: del diritto alla privacy se ne riempiono la bocca tutti, è ancora molto di moda, ma quando c’è da farlo rispettare le idee si fanno parecchio confuse.

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Questione di sensibilità

Nel caso di specie è proprio questo che è accaduto: il R., venuto in possesso, peraltro non casualmente come sostenuto dal suo difensore per come è dato leggere dalla sentenza impugnata, di un dato sensibile (numero di utenza cellulare) per essergli stato fornito dal suo interlocutore del momento (il B.), si è determinato a diffonderlo su altri canali con ciò compromettendo la riservatezza del dato che la norma intende salvaguardare.

La Cassazione, pur incidentalmente, dice che un numero di cellulare è un dato sensibile. Ed io sono molto preoccupato.

“dati sensibili”, i dati personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonche’ i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale;
(art. 4, comma 1, lett., d) d.lgs. 196/2003)

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Acari

Nel post precedente, mi sono dimenticato di scrivere una cosa importante. Meglio farne uno nuovo che perdersi in un update.
Ecco un passaggio dell’ordinanza di Cassazione citata proprio in quel post:

Già questa sentenza dava conto puntualmente di come la norma sanzioni non solo la condotta del cosiddetto “hacker” o “pirata informatico”, cioè di quell’agente che non essendo abilitato ad accedere at sistema protetto, riesca tuttavia ad entrarvi scavalcando la protezione costituita da una chiave di accesso, o “password”

Ecco, in Cassazione pensano che un hacker sia un criminale ed è un atteggiamento che ho ritrovato in tanti altri processi.
Se queste sono le premesse, non ci stupiamo delle conseguenze (le condanne).

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Facebook e stalking

Su Facebook, grazie ad Antonio Vergara, ho appreso di questa recente decisione della Suprema Corte. Si può fare stalking anche sullo stesso popolarissimo social network.
Francamente, pur non entrando nel merito, la cosa non mi sorprende (dal punto di vista giuridico che è quello che mi compete). Non ho ancora letto la motivazione, ma ci sta.
Vedremo, appunto, la motivazione.

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