Category Archives: Blogodiritto

Play it again, Levi – 3 anni dopo

Io non credo che il ddl intercettazioni contenga norme ammazzablog, la mia posizione è nota.
Però, non ho alcuna difficoltà a segnalare l’iniziativa di Agorà Digitale alla quale auguro la più grande fortuna.
L’Associazione presieduta da Marco Cappato ha organizzato una  raccolta firme telematica per cercare di “disinnescare” certe regole che assumono come liberticide.
Si segnala anche l’elenco dei parlamentari che hanno proposto emendamenti alla norma. C’è pure il mitico Ricardo Franco Levi… amarcord
QUI gli emendamenti proposti.  Ecco quello proposto dal nostro, insieme ad altri

Al comma 29, lettera a), capoverso, secondo periodo, sostituire le parole: , ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica con le seguenti: che recano giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica e soggetti all’obbligo di registrazione di cui all’articolo 5.

Conseguentemente, al medesimo comma: lettera d), sostituire, ovunque ricorrano, le parole: , ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica con le seguenti: che recano giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica e soggetti all’obbligo di registrazione di cui all’articolo 5;

lettera e), capoverso, sostituire le parole: , ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica con le seguenti: riconducibili a giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica e soggetti all’obbligo di registrazione di cui all’articolo 5. 1. 910. Zaccaria, Giulietti, Levi, Corsini, Colombo, Pollastrini, Concia, Laganà Fortugno, De Biasi.

P.S.: Secondo me, è un buon emendamento.

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ZeusNews > Tra bavagli, censure e complottismi

Mentre già c’è chi si organizza per il consueto prosecchino in piazza, ecco la mia opinione sulla legge “ammazzablog”. Dissenting opinion, come spesso succede.

(da ZeusNews del 26 settembre 2011)

Censura, bavaglio, ammazzablogger. Sono locuzioni tanto ricorrenti – quasi da complottismo – che oramai hanno perso ogni carica vitale e suggestiva.

Dove stanno, questa volta, le trame contro la blogosfera? Qui: “Per le trasmissioni radiofoniche o televisive, le dichiarazioni o le rettifiche sono effettuate ai sensi dell’articolo 32 del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177. Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”.

Si tratta del comma 29 dell’articolo 1 del disegno di legge C-1415-B, cioè il celeberrimo disegno di legge sulle intercettazioni (nella sua ultima versione ritornata alla Camera) sul quale, tra l’altro, il Governo vorrebbe porre la fiducia, blindandone il testo. Il che ci condurrebbe, a breve, ad averla come norma definitivamente vigente. Ma i condizionali vanno sottolineati perché si parla pur sempre di iniziative legislative che sono, invero, mosse politiche prive di esiti certi.

Ad ogni modo, vediamo la norma più da vicino, senza occuparci del più delicato e diverso problema delle intercettazioni, per capire se l’allarme sia veramente fondato.

Anzitutto, si deve evidenziare che la norma andrebbe a incidere sulla legge 47/1948, la fondamentale legge sulla stampa. E, come vedremo, non si tratta di un particolare. Le modifiche riguarderebbero l’articolo 8 che già prevede il dovere di pubblicare dichiarazioni o rettifiche. In questo modo, in caso di approvazione, l’articolo 8 (sottoposto ad altri adattamenti) “suonerebbe” così; ed è facile farsi un’idea d’insieme.

Prevedere un obbligo di pubblicare una rettifica non mi pare costituisca censura o bavaglio perché dalla violazione di detto obbligo non consegue, ad esempio, la sanzione della “cancellazione” del brano o, addirittura, la chiusura del sito. L’eventuale pena lo può indebolire economicamente, anche parecchio, ma il punto è sempre quello: la regola non mira a impedire la libera espressione del pensiero, ma obbliga (soltanto) a pubblicare la rettifica o la dichiarazione (qualunque essa sia, ma è sempre stato così) per di più perché non possiamo dimenticarci di un eventuale soggetto diffamato – a fronte di lesioni alla dignità o contrarietà alla verità.

A prescindere da ciò, si potrà obiettare che un blog, per fare l’esempio più immediato, non è, di regola, in grado di “sostenere” questi oneri aggiuntivi, semplicemente perché non ha, sempre di regola,la struttura dell’informazione professionale.

Premetto un mio personalissimo pensiero: ancora una volta, ci troviamo di fronte a una norma scritta sulla Rete, ma che svela la perfetta ignoranza di chi l’ha scritta e la piena incapacità di scrivere norme chiare nella materia che ci riguarda.

In un momento in cui la giurisprudenza si accorge che anche l’informazione professionale online non può essere semplicemente parificata a quella “tradizionale” (il direttore di una testata telematica pur registrata non risponde con lo stesso rigore di quello di una testata cartacea), il legislatore si irrigidisce e sembra addirittura fare passi nella direzione opposta.

La disposizione non è chiara, non lo si vuole nascondere, e la relazione al disegno di legge non aiuta. In più (l’emendamento di quattro senatori PD) che ha inserito l’inciso “ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica ha intorbidito ulteriormente le acque.

D’altro canto, malgrado l’espresso auspicio della Commissione Trasporti, poste e telecomunicazioni, nessuna tra le altre soluzioni (ad esempio, quella Radicale/PD – molto netta e precisa – o quella dell’on. Cassinelli non realmente radicale) è stata approvata. Sicché non ci resta che tenerci il testo citato e ragionare su quello. E credo che la soluzione sia proprio davanti al nostro naso.

E’ evidente che non si può estrarre una singola regola dal contesto normativo che la circonda. Si tratta, molto banalmente, di utilizzare, per l’interpretazione, quello che i giuristi chiamano “argomento sistematico” che fa chiaro riferimento a un “sistema” in cui la disposizione, appunto, si inserisce.

Il sistema è la citata legge 47/1948, inequivocabilmente chiamata “Disposizioni sulla stampa”. E se, di per sé, una pubblicazione telematica non è stampa (anche ai sensi dell’articolo 1), allora ciò che è contenuto in quella legge non può esservi applicato per il solo riferimento ai “siti informatici” contenuto nella regola di cui si discute.

Internet non è automaticamente stampa, dobbiamo sempre ricordarlo, e, oramai, la giurisprudenza è sufficientemente solida sul punto (tranne che per il singolare caso di Carlo Ruta). Pertanto, quella norma potrà applicarsi soltanto ai siti che possono essere definiti stampa in relazione ai quali e in considerazione delle peculiarità telematiche si sono volute introdurre specifiche regole.

Fortunatamente, per concludere, gli allarmi sono quasi del tutto infondati, perché i problemi, come per il già citato caso riguardante Carlo Ruta, potrebbero nascere soltanto in talune aule di giustizia.

Se è vero che non si può escludere che un giudice possa interpretare male la regola, è anche vero che le novità non introducono alcun bavaglio, tanto meno con volontà censorie: “Non attribuire a cattiveria ciò che puoi facilmente spiegare con la stupidità” (il cosiddetto Rasoio di Hanlon).

P.S.: Mentre scrivevo questo articolo, mi sono accorto che c’è chi la pensa sostanzialmente come me. Credo vada citato per ulteriori spunti: Alessandro D’Amato, per Giornalettismo.

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Essere e sembrare

L’AGCOM fonda il proprio (insussistente) potere regolamentare su alcuni “sembra”

La competenza dell’Autorità in materia di copyright non sembra soffrire sensibili limitazioni dall’esclusione operata dall’art. 2, comma 1, lettera a) per i “i siti internet privati e i servizi consistenti nella fornitura o distribuzione di contenuti audiovisivi generati da privati ai fini di condivisione o di scambio nell’ambito di comunità d’interesse”. La ratio di tale esclusione sembra decisamente  infatti  quella di salvaguardare una delle principali caratteristiche della rete internet, vale a dire quella di fungere da straordinario veicolo di scambio dei file “generati da privati”.

La fonte QUI, pag. 6

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Pari diritti

Tutti parlano della relazione 2010 appena sfornata dal Garante Privacy. Sono 320 pagine molto ghiotte per chi si occupa dell’argomento (da QUI sono disponibili tutti i materiali).
La stampa ha insistito particolarmente sulle problematiche legate a smartphone, tablet e cloud.
Visto che nessuno, al momento, ne parla, io preferisco osservare che da pag. 108 della relazione si parla di blog (e anche di forum, per la verità) e si riconosce chiaramente il valore dell’art. 21 anche per tali strumenti di espressione del pensiero.
Lo sapevamo già, ma fa parecchio piacere che la cosa sia ricordata da un soggetto così autorevole.

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Carlo Ruta: gli antefatti

Se ne parla molto, da giorni. Anzi, visto che le motivazioni non sono ancora note, secondo me se n’è parlato anche troppo, a sproposito, per partito preso.

Francamente, prima di trarre conclusioni affrettate, preferisco fare qualche riflessione-precisazione, ripercorrendo certi antefatti non irrilevanti (e non noti a molti).

Carlo Ruta, storico e giornalista siciliano, si è visto confermare dalla Corte di Appello di Catania la condanna per il reato di stampa clandestina inflittagli dal Tribunale di Modica.

Perché? Perché il suo sito Accade In Sicilia – accadeinsicilia.net (se vogliamo, possiamo chiamarlo anche blog, ma non cambia nulla) è stato riconosciuto vera e propria stampa, dunque da registrarsi, preventivamente, presso il tribunale di competenza come vuole la legge (sulla stampa) 47/48.

Carlo Ruta avevo detto la sua circa la conduzione di alcune indagini antimafia condotte da un certo pm. Quest’ultimo, evidentemente non gradendo la critica, lo ha querelato per diffamazione e denunciato per stampa clandestina.

Ora, si possono dire molte cose, tra cui anche quella, un po’ scontata e populista, che qui in Italia non c’è vera libertà perché è l’unico posto al mondo (ovvio, se si escludono note e sanguinarie dittature come Cina, Cuba, Corea del Nord, ecc.) in cui chi ha un blog dovrebbe sottoporsi al controllo di Stato.

In realtà, la cosa più giusta e interessante da fare sarebbe quella di leggere le motivazioni. Siccome, al momento, non possiamo farlo (perché non risultano ancora depositate), “accontentiamoci” di analizzare alcuni antefatti, almeno se veramente vogliamo capire.

Ecco un po’ di materiali, qui già segnalati a suo tempo:

Personalmente, più leggo la sentenza di primo grado e più trovo aberrante l’identificazione della locuzione “società dell’informazione” con una società commerciale che si occupa di informazione (es.: un editore). Non è uno svarione da poco.

Anyway, attendiamo la sentenza di appello.

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Big Trouble in Perugia

Sembra che l’omicidio della povera Meredith Kercher faccia discutere anche al di là dei fatti di stretta cronaca e processuali.
Sappiamo che gli americani sono molto decisi nel difendere la loro connazionale Amanda Knox, parlando espressamente di erroni nelle indagini e nel giudizio. Ne hanno pieno diritto.
Tra i cronisti USA schierati contro la giustizia italiana c’è tale Frank Sfarzo, blogger o giornalista o entrambe le cose.
Già tempo fa, per il tramite dell’organizzazione Committee to Protect Journalists – CPJ, lo Sfarzo si era ufficialmente lamentato delle attenzioni un po’ troppo “ruvide” asseritamente riservategli dalla Polizia perugina.
Ora, su ordine della magistratura fiorentina (compentente per territorio se la persona offesa è un magistrato del distretto di Perugia – e il riferimento è al pm dell’omicidio Kercher, Giuliano Mignini), Google (proprietaria di Blogspot) stacca il blog di Sfarzo, Perugia Schock. Trattasi di un vero e proprio sequestro, per diffamazione in danno del Mignini. Ce lo riferisce il Sole.
QUI uno dei primissimi commenti d’oltreoceano e QUI quello di un avvocato americano.

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Blog e deontologia

Manlio Cammarata segnala un disegno di legge sull’informazione, l’ennesimo, ma con la sorpresa, secondo me.

Si tratta del ddl C.4301 dal titolo wertmulleresco: “Modifica all’articolo 139 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, concernente l’adozione di norme deontologiche relative al trattamento dei dati personali relativi a indagini di polizia e a procedimenti giurisdizionali, anche acquisiti mediante intercettazione di comunicazioni, nell’ambito delle attività giornalistiche e tramite i mezzi d’informazione”, primo firmatario, l’Onorevole Antonello Soro (PD).

In estrema sintesi, si propone l’emanazione di un codice deontologico che regoli il trattamento di dati personali, con particolare attenzione alle intercettazioni, nel mondo dell’informazione. Per i soli giornalisti? A prima vista, si direbbe di sì, ma leggendo meglio…

Temo che l’àmbito di applicazione sia più ampio. Ecco gli indizi:

nell’ambito delle attività giornalistiche e tramite i mezzi d’informazione” (titolo del ddl);

nell’esercizio della professione di giornalista o, comunque, tramite i mezzi di informazione” (art. 1, comma1);

A dispetto della denominazione di codice deontologico, le sue disposizioni non saranno semplici norme di buona condotta da applicare all’interno della categoria professionale, magari con logiche corporative. Saranno invece regole dell’ordinamento generale, valide per chiunque scriva od operi sui mezzi di informazione: il loro rispetto potrà dunque essere fatto valere davanti al Garante o al giudice ordinario” (relazione).

Ecco, quest’ultimo indizio mi sembra assai univoco nell’estendere l’applicazione di questo “codice deontologico” a tutto il mondo dell’informazione, anche a quella non professionale: i blog, ad esempio.

Sbaglio qualcosa?

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Personal Branding (autopromozione)

Nel 2010 uscirà il libro sull’argomento di cui all’oggetto curato da Luigi Centenaro e Tommaso Sorchiotti.
C’è anche un mio (soffertissimo) contributo, siete avvisati…

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Tante belle cose (autopromozione)

Sbirciando nei link in ingresso, mi sono accorto di essere stato citato tra i VIB del 2008.
WebGarden mi inserisce tra i protagonisti dello scorso anno per il Minottino e la questione (pur un po’ equivocata) del “ddl Levi”.
Ringrazio molto, son commosso.

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Verità in ombra

Forse questo è un post politico, ma, francamente, non mi sento di tacere.
Veltroni, incontratosi con alcuni amici ad una festicciola Facebook, improvvisa, banalizzado, sulle virtù di Internet e, puntualmente, dice che Berlusconi vuole imbavagliare la Rete. Che non è vero o, quanto meno, non è così univoco come la vorrebbe dire lui. Io ho già detto la mia anche sull’intollerabile malainformazione di certe testate nazionali. Penso sia condivisibile da parte di chi sa leggere con obiettività, senza paranoie o pregiudizi.
Poi, non ci dimentichiamo mai che tutti i casotti (fondati o meno) son nati per l’intempestivo intervento di un soggetto, l’anno scorso  (sottosegretario del governo Prodi) e oggi (ministro ombra del parimenti ombreggiato governo Veltroni:). Sempre lo stesso: Ricardo Franco Levi.
Qualcuno lo spieghi a Veltroni, tra una Guerra di Bande e un po’ di Speed Racing.

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