Category Archives: Diritto d’autore

C&P Factor

Non spetta a me dire, almeno in questa sede, se nello scritto di Massimo Gramellini si possa ravvisare il plagio di un post di Massimo Mantellini. Di certo, alcune parti sono sovrapponibili e la cosa non ha reso felice il secondo.

Andiamo oltre la legge.

Io credo che la menzione dell’autore di uno scritto sia sostanzialmente – e almeno principalmente – un fatto di educazione.

Il diritto alla paternità dell’opera (così si chiama per la legge) appartiene al novero dei diritti (d’autore) morali, che si contrappongono a quelli patrimoniali (es.: quello alla riproduzione). Quindi, anche per la stessa legge si tratta di qualcosa che va al di là delle questioni di vil metallo.

Il fatto è che c’è sempre qualcuno, specie tra più forti (grandi giornali, grandi content provider), che si crede al di sopra della legge, specie qui, in Internet, dove, per trasgressione, ci piace così tanto essere tutti un po’ anarchici e poco inclini a rispettare la legge.

Fatti come quelli lamentati da Massimo (Mantellini), sono, purtroppo, all’ordine del giorno. La tentazione di fare “copy & paste” dei contenuti altrui è sempre forte e l’immediatezza tecnica favorisce non poco il peccato.

I fatti, le notizie, appartengono a tutti: non così le parole con cui le si riportano e i commenti che vi si fanno. Ecco perché quel “riproduzione riservata” che, pur nel suo senso giuridico, i “grandi” ci sbattono regolarmente in faccia suona beffardo.

Quello che si può fare, quello che non si può fare sul Web non differisce dal mondo della carta, lo ricordavo in un mio breve scritto di qualche tempo fa.

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Se la conosci la eviti

SIAESu Facebook mi è appena apparso un messaggio pubblicitario abbastanza forte, quello nell’immagine.
Soundreef è un’iniziativa nota e non recentissima, ma l’argomento è sempre attuale, specie a fronte di questa nuova campagna pubblicitaria.
Cerco di riassumerla al di là delle faq pubblicate dalla società. Soundreef propone opere musicali indipendentemente da SIAE ente al quale, pertanto, non è dovuto nulla. Si paga soltanto a Soundreef, sembrerebbe somme decisamente inferiori. Ciò vale, ovviamente, anche per le opere gestite da altre collection society.
Apparentemente, tutto regolare.
SIAE, però, non ci sta, ti pareva. E insinua.
Sounreef, però, risponde.
E’ sempre un bel ripasso.

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I social network non sono il Far West

Questa mi era sfuggita eppure è accaduta a Genova.
Un musicista è stato condannato, proprio dal tribunale del capoluogo ligure, per aver pubblicato, su MySpace, alcuni brani scritti (anche) da altri e una quindicina di fotografie che lo ritraevano, ma che erano state scattate da una fotografa cui non aveva chiesto l’autorizzazione alla pubblicazione.
Leggo nell’articolo del Secolo XIX che la condanna sembrerebbe discendere dalle particolari condizioni d’uso di MySpace (o di altri social come il classico Facebook).
In realtà, non è così: tutto discende, molto semplicemente, dalla legge, quella l. 633/41 sul diritto d’autore che, appunto, tutela i titolari dei diritti (come quello di diffusione) e prevede sanzioni anche di carattere penale.
Attenzione, dunque, a cosa si pubblica sui social network (e non solo). In realtà, spesso basta il consenso dell’autore, magari ricambiato dalla citazione della paternità, una forma di pubblicità di certo non sgradita.

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Amarcord Interlex

Interlex è stata sicuramente una rivista telematica innovativa, una cosa molto “avanti”, nata da Manlio Cammarata subito dopo l’avvento commerciale della Rete in Italia.
Pensate un po’ che è stata la prima realtà internettiana a divenire, già nel 1997, testata registrata.
Purtroppo, ultimamente, si è un po’ persa, ma è abbastanza naturale visto che lo spirito degli innovatori di Internet è sempre in movimento.
Ci rimane un invidiabile archivio.
Oggi, facendo un po’ di egosurfing, ho trovato questa mia cosa, proprio del 1997
Parlavo di alcuni aspetti critici della disciplina dl software. Erano anni molto fecondi per la materia. L’anno prima era stata approvata la l. 675/96 sulla tutela dei dati personali (con pesanti interventi sugli aspetti informatici del trattamento).
Così, si stava chiudendo un primo ciclo ideale comprendente anche il software (1992), i reati informatici (1993) e le banche di dati (1999).
Amarcord: non trovo espressione più suggestiva.

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Dura lex, sed lex (pagando s’intende) – upated

Con un articolo sul Giornale di oggi, Laura Verlicchi denuncia l’esistenza di “leggi a pagamento”. Lo Stato interviene per porre fine al fenomeno delle antenne selvagge, ma le regole tecniche non sono in Gazzetta, bensì su un volume edito da privati a pagamento. Un’assurdità, uno scandalo.

E’ una cosa che molti di noi, specie operatori del diritto, diciamo da anni: l’accesso alla legge – la cui ignoranza non è scusabile – non è libero e gratuito come – riteniamo – dovrebbe essere.

Chiariamo bene. Rispetto a qualche anno fa, quando soltanto l’eroico comune di Jesi pubblicava la Gazzetta, qualche significativo passo avanti è stato fatto. Mi riferisco soprattutto al sito-progetto “Normattiva” che, addirittura, fornisce il testo di legge vigente in un dato giorno.

In compenso, l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (che, pure, partecipa al ridetto progetto) pubblica soltanto le Gazzette degli ultimi trenta giorni: indietro si paga.

E anche sul fronte giurisprudenza non si sta molto bene.

Giusto per fare un esempio, per anni il sito non ufficiale Consulta OnLine ha fatto il lavoro che spettava allo Stato, il quale soltanto di recente ha messo in piedi un servizio decente.

La Cassazione ha, invece, soltanto un “servizio novità” molto ridotto e anch’esso a tempo (almeno nei link). La parte più sostanziosa (ItalgiureWeb) è a pagamento e le tariffe non sono proprio popolari.

Infine, un paio di cose note da tempo che, però riescono sempre a stupirmi.

Sul sito della Gazzetta si legge “La riproduzione dei testi forniti nel formato elettronico è consentita purché venga menzionata la fonte, il carattere non autentico e gratuito”.

Qualcosa di simile è scritto su quello della Suprema Corte: “I documenti forniti dal Servizio Novità possono essere utilizzati solo per uso personale. E’ vietato qualsiasi uso diverso”.

Entrambe le avvertenze suggeriscono l’esistenza di qualche diritto d’autore. Eppure l’art. 5 della l. 633/41 (quella, appunto, sul diritto d’autore) dice che “Le disposizioni di questa legge non si applicano ai testi degli atti ufficiali dello stato e delle amministrazioni pubbliche, sia italiane che straniere”.

Aggiornamento del 17 luglio 2013: grazie al sempre attento Frap, nei commenti, apprendo che da quest’anno un certo archivio della Gazzetta c’è. E meno male….

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Autopromozione > Social Media Week, Milano

Il 20 febbraio 2013, dalle ore 15, in Galleria Vittorio Emanuele II a Milano (save the date) sarò moderatore della sessione Social Media & Legal della Social Media Week.
Si parlerà del caso Avaxhome, di privacy e UGC, di diritto d’autore e fotografia, di diritto di famiglia: con, nell’0rdine,  Gualtiero Dragotti, Elvira Berlingieri, Giovanna Bagnardi ed Annamaria Bernardini de Pace.

P.S.: Su Twitter #SMWmilan

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Lsdi > Copyright e CC, un piccolo manuale del diritto d’autore nell’ era digitale

( da Lsdi del 25 dicembre 2012)

Il copia&incolla credo sia una delle più grandi conquiste dell’umanità: con soli due click si può clonare il mondo ed appropriarsene.

Il plagium latino, come furto o rapimento, nel diritto d’autore appropriazione dell’opera altrui per farla apparire, appunto, propria. Una pratica vecchia quanto l’arte, ma oggi mai così alla portata di tutti, di click, anzi, come visto, di due: quello del copia e quello dell’incolla.

E più comunichi, più l’opera si diffonde, e più ci si espone anche perché, nel mondo digitale, ha ben poco senso una contrapposizione tra originale e copia. (altro…)

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Due appuntamenti due (autopromozione)

Venerdì prossimo, il 5 ottobre, dalle 10, farò parte, in quota Lsdi, di un bel panel inserito nell’Internet Festival pisano. Si parlerà del giornalista e della sua identità digitale. Sono stato chiamato a commentare le motivazioni della sentenza di Cassazione che, finalmente, ha assolto Carlo Ruta dal reato di stampa clandestina. Vicenda che riguarda tutti coloro che hanno un qualche sito (non soltanto blog, per la verità):

Giovedì 18 dicembre ottobre, invece, a Milano in contesto SMAU gestirò, per IWA Italy, uno slot gratuito da cui sortiranno indicazioni per realizzare un “sito a norma”. Tra il presuntuoso e l’eclettico, avrò modo di parlare di privacy, diritto d’autore, commercio elettronico e tutela del consumatore.
Il sito dice che i posti a sedere sarebbero finiti, ma pare che si possa assistere anche stando in piedi.

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Giornalettismo > Il copyright e i poteri forti della Rete

(da Giornalettismo del 23 marzo 2012)

Un amico mi ha detto che questo editoriale è equilibrato. In realtà, a me sembra un po’ dai toni accesi, quelli di una volta. Un po’ “sopra le righe”, come una volta ho detto di un altro che se l’è pure presa, il permalosone.

:.:.:

L’anno scorso, d’improvviso, l’AgCom (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) ha affermato di voler redigere un regolamento per la risoluzione delle diatribe sul diritto d’autore online.

L’idea non era piaciuta per il timore che tra i poteri che l’Autorità sembrava volersi attribuire vi fosse anche quello di ordinare l’oscuramento dei siti sospettati di violazioni della proprietà intellettuale. Col sospetto, peraltro, che ciò potesse costituire una scusa per un intervento in realtà meramente censorio.

Insomma, secondo alcuni il solito tentativo di imbavagliare la Rete con uno strumento dall’apparenza legale e, fatto altrettanto grave, bypassando la magistratura.

Personalmente, non ho mai avallato questa tesi un po’ paranoica, ma qualche rischio ci poteva essere. Il perché lo capiremo alla fine dell’articolo.

Fatto sta che, malgrado il sorprendente parere favorevole del costituzionalista (ed ex giudice costituzionale) Valerio Onida, e dopo una “proposta” molto soft di regolamento, il presidente AgCom, Corrado Calabrò, è andato in commissione parlamentare a riferire che non hanno potere regolamentare. Che ci pensi, allora, il legislatore.

Come mai questo clamoroso “revirement”?

Prova a spiegarlo Edoardo Segantini in un editoriale che è il vero bersaglio di queste mie riflessioni: “Poi però Calabrò deve aver avuto paura di mettersi contro la parte del «popolo della rete» più insofferente a qualsiasi limitazione, che trova nei big dell’economia digitale potenti alleati e in Parlamento ascoltatori sensibili”.

Queste e altre amenità qualunquiste contenute nel pezzo in commento, dimostrano, in realtà, sia un interesse di parte (comprensibile, rispettabile, ma non lo eleviamo ad interesse universale), sia un marcato misoneismo che, peraltro, si svela nella vacua locuzione “popolo della rete” (comunque, con le mie fortissime perplessità sull’uso del minuscolo, forse voluto).

Non è la prima volta che Segantini si occupa di temi tecnologici. Ha trattato di social network, banda larga, neutralità della Rete, spesso con curiosità, competenza ed equidistanza, va detto.

Che succede, ora? Credo che dietro ci sia il misoneismo di cui dicevo, forse il voler essere rassicurante come una Rete 4, magari anche una giornata storta: succede.

E c’è soprattutto la partigianeria di chi non vuole adattarsi al mondo che cambia sopra ogni singolo. Sì, perché i “poteri forti” non sono certo le “potenti organizzazioni offshore” – quasi un complottismo occulto – ma, piuttosto, certe note concentrazioni capitaliste – e “tradizionali”, nel senso weberiano – che si arrogano il diritto di pilotare il sapere.

Fermo restando che una semplice authority – peraltro costituita nei modi che anche Segantini dimostra di conoscere perfettamente – non può certo assurgere ad arbitro di un medium – la Rete – che è senza dubbio il veicolo più libero che si conosca: salvo l’intervento dell’autorità, appunto.

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La crittografia svelata

Al netto dei soliti temi politici tipici de Il Fatto e di una certa confusione narrativa (dovuta, probabilmente, alla non perfetta conoscenza della tecnica), questa notizia del presunto “plagio” di un software è veramente interessante.
Non tanto per la cronaca di un avvenimento purtroppo non raro (i programmatori amano spesso copiarsi), ma perché il plagio riguarderebbe anche un sistema di crittografia.
Col il timore – e credo sia questo il punto più delicato – che certi archivi non siano così sicuri visto che la tecnologia sembra conosciuta.
Vedremo, magari si sgonfia tutto.

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