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Contrassegno SIAE: dalla Cassazione una batosta ancora più pesante (per la SIAE)

Arriva la Settima Sentenza (penale) sul bollino. Nessuna rivoluzione pro SIAE, anzi…
Mi preme evidenziare tre punti.

1. Contrariamente a quelli che non conoscono (colpevolmente) il Trattato CE/UE oppure sono in malafede

è appena il caso di rilevare come il giudice nazionale deve attenersi alla conclusione vincolante resa dalla Corte di Giustizia, in quanto, ai sensi dell’art. 164 del Trattato CEE, l’interpretazione del diritto comunitario da parte della Corte ha efficacia vincolante per tutte le autorità (giurisdizionali o amministra­tive) degli Stati membri, anche ultra partes. Una sentenza della corte interpreta­tiva di una norma comunitaria, infatti, si incorpora nella stessa e ne integra il precetto con immediata efficacia.

2. Incidentalmente, questa Sezione della Suprema Corte ha ritenuto che la formula più giusta sia “il fatto non costituisce reato” e non, come per gli altri provvedimenti, “il fatto non sussiste”. Personalmente, sono d’accordo.

3. Infine, c’è la questione dell’assenza del contrassegno come (seppur mero) indizio di illceità. Cassata, malgrato il diverso avviso delle precedenti sentenze:

Non può invece condividersi la tesi, prospettata nella medesima e in altre decisioni in pari data, secondo cui la mancanza del contrassegno potrebbe sem­mai essere valutata come mero indizio della illecita duplicazione o riproduzione, né tanto meno la tesi (sostenuta dalla sentenza della Sez. III, 12.2.2008, n. 13836, El Assi) secondo cui «se trattasi di opera sulla quale l’apposizione è ob­bligatoria, la mancanza assume particolare valenza indiziaria in ordine all’illecita provenienza del supporto e, valutata unitamente alle altre circostanze del caso concreto, può giustificare l’affermazione di responsabilità».
E difatti, come chiaramente traspare da questa motivazione, attribuire alla mancanza di contrassegno Siae il valore anche di mero indizio di una attività illecita altro non significa, in sostanza, che continuare a ritenere che l’apposizione del contrassegno fosse appunto obbligatoria e che quindi il non aver rispettato tale obbligo significhi indizio di un comportamento illecito.

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Bollino o non bollino i sequestri continuano

Leggo su PI dell’ennesima “retata” per software irregolare, in azienda.
Ho le mie personalissime convinzioni su certe vicende (che tengo per me per una serie di ragioni tra cui il fatto che ne ho diversi sub iudice e attendo decisioni) e non faccio lo gnorri, ma vorrei proprio sapere come prospetteranno, giuridicamente, la cosa visto che la regola tecnica contrassegno SIAE NON e’ stata ancora notificata.
Ah… poi c’è l’ormai classica questione dei professionisti, che non sono imprenditori… Ho l’impressioni che non tutti sappiano leggere la legge, in particolare l’art. 171-bis l.d.a.

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E se non metto il bollino?

Si parla ancora (a mio parere giustamente, nei termini che dirò) dell’illegittimità del contrassegno SIAE e delle conseguenze sia della pronuncia della Corte di Giustizia, sia di quelle della Cassazione penale. Se ne parla perché, alla fine, bisogna essere pratici.
Era una cosa che volevo fare io, ci hanno pensato anche altri ed hanno fatto benissimo a fare questa prova.
Un’email alla GdF, con un quesito semplice e secco: devo mettere il bollino sui miei CD autoprodotti?
La risposta è desolante, ma bisogna farci i conti. La GdF, che istituzionalmente ha compentenza in tema di proprietà intelletteuale, risponde laconicamente, copiando e incollando la norma della l.d.a., senza il minimo accenno alle novità che sappiamo.
Fa bene o fa male? Io dico che fa male, non rende un buon servizio al cittadino. Quanto meno, dimostra di non conoscere la legge (e quello che vi sta intorno). Cosa piuttosto grave se consideriamo che le FF.OO devono farla rispettare.
Però, è anche giusto fare i conti con la realtà perché noi giuristi possiamo scrivere tante belle parole, ma, alla fine, se ti arrivano i gendarmi a casa sono disagi, stress, spese, ecc.
Due chiarimenti:
– le norme incriminatrici che si fondano sul bollino sono sono state abrogate, non c’é stata depenalizzazione; sono, di fatto, non operative;
– un giorno, la notifica potrà andare a buon fine, ma si parla di una procedura lunga dei mesi e dagli esiti non così scontati (ci sono ancora problemi di libera circolazione delle merci);
L’atteggiamento di Scarichiamoli è senza dubbio pratico e realista. Spetta, poi, ai singoli accoglierlo o meno, farne una questione di principio o di quotidiano. Anche se certi silenzi, certe distorsioni, certi timori fanno piuttosto rabbia (so di service di masterizzazione che si rifiutano di stampare CD senza bollino, proprio per questo terrorismo psicologico latente).
Però, continuiamo a parlarne perché, forse, alla fine anche la GdF capirà che anche le stellette sono sottoposte alla legge e che, comunque, si devono tenere aggiornate.
Per quello che mi riguarda, non mancherò di segnalare, tempestivamente, l’eventuale notifica del bollino. Penso di essere stato sempre puntuale e obiettivo in queste cose.

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SIAE: pensiamo al domani, con qualche precisazione

La SIAE annuncia che il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha avviato le pratiche per la notifica del contrassegno SIAE. Finalmente, l’hanno capita. Bastava già la sentenza della Corte di Giustizia UE, ma, come sappiamo, la SIAE dapprima ha fatto finta di niente, poi ha diffuso una serie di notizie errate e fuorvianti (trovate tutto nella sezione Diritto d’autore di questo blog oppure con questo link-stringa di ricerca, inutile che ripeta).
E continua a farlo, QUI. Guido Scorza e Carmelo Giurdanella, rispondendo a SIAE, hanno già commentato su Punto Informatico. E sono d’accordo (sul rimborso, taccio per ignoranza). Soltanto, mi si consentito fare qualche pulce al comunicato SIAE del 18 aprile.
Si fa bene a ribadire che la duplicazione abusiva è sempre illecita (a prescindere dal bollino, che non è pertinente per ovvi motivi). Quanto meno non si dà una cattiva informazione a chi, nell’euforia del momento, potrebbe darsi alla duplicazione selvaggia, col rischio concreto di ritrovarsi i gendarmi a casa. Ma occorrono dei distinguo. L’abusiva duplicazione resta sanzionabile, ma… non sempre penalmente. Anzi, in alcuni casi esiste un diritto alla copia privata (col pagamento dell’equo compenso sui supporti) e a quella di sicurezza per il software. E’ una precisazione non da poco.
E, allora, ribadiamo un messaggio fondamentale: il contrassegno non è più (non è mai stato, perché non è mai stato notificato) obbligatorio per supporti contenenti audiovisivi, software e banche dati. Chi vi “ordina” di apporlo, minacciando anche sanzioni  penali, vi imbroglia chiedendovi soldi non dovuti. E anche quando il contrassegno sarà notificato, la cosa non avrà effetto retroattivo. Per tacere delle questioni di libera circolazione di beni e servizi che, pur non trattate dalla Corte di Giustizia, secondo me rimangono ancora in piedi (e sono state oggetto delle conclusioni dell’Avvocato Generale).
Andiamo avanti col comunicato.

La Corte di Cassazione con tre sentenze ha stabilito che non costituisce reato la semplice assenza del contrassegno Siae sui supporti contenenti opere dell’ingegno. Per altro la stessa Corte ribadisce, in modo rilevante, che “era ed è vietata qualsiasi attività che comporti l’abusiva diffusione, riproduzione o contraffazione delle opere dell’ingegno” in violazione del diritto d’autore. Tali attività restano passibili di sanzioni penali.

Il virgolettato (e soltanto quello) è tratto dalla sentenza 13.810. Il resto, in particolare il riferimento al penale come conseguenza inevitabile, è invenzione della SIAE. Ed è falso perché, ad esempio, la riproduzione (intesa come duplicazione) di un CD audio realizzata senza scopo di lucro ha, eventualmente, mera rilevanza civile e amministrativa. L’ho già detto e lo ripeto.

Per ciò che concerne il contrassegno, la stessa Corte ha applicato, nella sua massima estensione, il principio proposto dalla Corte di Giustizia Europea, secondo cui il bollino Siae è qualificabile come regola tecnica.

La Corte di Giustizia non propone principi. Li impone con sentenza sulla scorta della legislazione sovranazionale. Poi, spetta al giudice del singolo Stato valutare se il principio possa servire al caso concreto. E ciò è stato fatto. L’estenzione del principio, poi, non è stata semplicemente “massima”. Era quella dovuta.

Questa regola, non essendo stata comunicata in via amministrativa dallo Stato Italiano all’Unione Europea, non è rilevante penalmente nei confronti dei privati, che non appongono il contrassegno sui supporti.

La regola tecnica non comunicata ha un’inefficacia che si estenda non soltanto al penale, ma anche all’amministrativo e al civile. Ecco perché, giusto per ribadire, la SIAE non può più chiedere la vidimazione.

La Corte di Cassazione, però, precisa come già detto, che se non costituisce reato la mancata apposizione del contrassegno, continua ad essere reato l’abusiva riproduzione, utilizzazione, commercializzazione di supporti pirata. Di supporti, cioè, che riproducano opere dell’ingegno senza l’autorizzazione dei legittimi titolari dei diritti: autori, produttori, artisti-interpreti, ecc. ecc..

E’ l’ennesima falsa affermazione; ed è anche reticente. SIAE non menziona minimamente le ipotesi di duplicazione penalmente irrilevanti. E così per l’utilizzazione. Sulla commercializzazione, penso che nessuno abbia avuto dubbi. 

La Suprema Corte afferma che l’assenza del contrassegno continua a mantenere una sostanziale “valenza indiziaria della illecita riproduzione” e a segnalare in pratica, abusi in materia di proprietà intellettuale. Ma per stabilire l’esistenza di reati di pirateria, oltre al bollino, servono ulteriori elementi di accertamento. La presenza del contrassegno è, dunque, una garanzia utile ed efficace per eliminare ogni dubbio sulla legittimità dei prodotti, rimanendo in pratica la prova determinante che è stata chiesta alla SIAE la licenza per la riproduzione meccanica delle opere tutelate. Il bollino Siae nasce proprio come strumento d’immediata utilità, sia per i consumatori, sia per le Forze dell’Ordine: serve, infatti, a riconoscere facilmente i prodotti legittimi da quelli pirata e ad arginare il diffuso fenomeno della contraffazione di opere tutelate dal diritto d’autore.

Tutto questo bel discorso è, in realtà, estratto dal contesto del caso trattato dalla Cassazione. Però, la SIAE vuole renderlo come principio generale, sfacciatamente per rilanciare il suo (presunto) ruolo di garante della legge.
Ci sono molte precisazioni da fare. La SIAE pensa che, pur con gli imbarazzi del legalese, la gente non sappia leggere una sentenza. La verità è che la Cassazione attribuisce valore indiziario alla mancanza del contrassegno soltanto per le ipotesi dove lo stesso contrassegno non è elemento sostanziale. Non a caso, leggendo la sentenza 13.816, si potrà notare che per il reato di cui all’art. 171-ter, comma 1, lett. d), l.d.a, c’è stata una secca declaratoria “il fatto non sussiste”, senza alcuna indagine indiziaria.

Un fenomeno che, purtroppo, ha recato e reca danni ingentissimi agli autori, agli editori e all’ intera filiera dell’ industria culturale e che ha visto l’Italia più volte collocata nella “lista nera” dei Paesi a più alto tasso di pirateria per i supporti fisici (CD, DVD) contenenti opere dell’ingegno.

Queste sono considerazioni che non è possibile commentare perché penso che ognuno sia in grado di farsi un’idea.

Leggete e diffondente, per cortesia. Meme. La blogosfera unita penso possa fare più numeri del sito SIAE.

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Coincidenze? – UPDATED

Giustamente Guido va oltre, sul bollino SIAE. E parla di rimborsi. Io ammetto la mia ignoranza circa la fattibilità della cosa. Era una cosa che avevo pensato anch’io, ma, appunto, mi sono fermato per ignoranza.
Nell’immediato, però, mi fa parecchio incavolare (ma no… lo trovo patetico…) l’atteggiamento di SIAE.
Le decisioni della Cassazione sono state pubblicate, sul sito della Corte, l”11 aprile (e il dispositivo era già noto i primi di febbraio). Pochissimi, ad oggi, hanno divulgato la notizia.
Difficile, allora, non pensare male quando proprio l’11 aprile la SIAE se ne esce con una notizia sfornata evidentemente ad arte e mantenuta in prima pagina sino, almeno, a questo momento. Mi riferisco alla sentenza di Palermo già citata in altro post.
Può succedere, ma quel giudice ha sbagliato. Come attenuante, si può ricordare che ha sentenzato prima della recente Cassazione.
La cosa grave è che la SIAE continua a raccontare bugie, a minacciare sanzioni penali nel silenzio di tutti.
Questo post è un invito alla ribellione e a diffondere la notizia, il più possibile.
Il contrassegno SIAE su supporti audiovisivi, software e banche dati già per effetto della sentenza di Lussemburgo non è obbligatorio. Chi vi chiede di apporlo, a pagamento, vi imbroglia, vi ruba i soldi.

Aggiornamento delle 14.17, stesso giorno: la notizia sulla sentenza palermitana non è più in prima pagina, ma rimame pubblicata, come sempre presenti sono le minacce di sanzioni penali.

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Bollino e Cassazione: un’importante precisazione

Sto leggendo un po’ di reazioni sulla vicenda del bollino SIAE, definitivamente bocciato dalla Cassazione Penale.
Ho trovato questo breve articolo di BitCity che fa bene a fare una precisazione:

La stessa sentenza però prosegue dichiarando anche che : “in ordine ai reati aventi invece ad oggetto supporti illecitamente duplicati o riprodotti, e che non prevedono come elemento essenziale tipico la mancanza del contrassegno (come il reato ex art. 171 ter, comma primo, lett. c), gli stessi restano punibili; in tal caso, tuttavia, la mancanza del contrassegno può conservare valore indiziario, necessitando perciò del conforto di altri elementi, circa la illecita duplicazione o riproduzione”.

Mi permetto di precisare la precisazione. Lo stroncamento del bollino ha ricadute esclusivamente sulle fattispecie che ruotano intorno allo stesso. Non ha alcun riflesso, ad esempio, quando è stata contestata l’illecita duplicazione.
Il fatto è che un legislatore stupido ha privilegiato, come ho scritto per PI, l’aspetto formale (il contrassegno) e non quello sostanziale (l’abusività). Dunque, anche se un giudice dovesse avere la certezza della copia illecita (effettuata da altri diversi dal detentore del supporto), non potrebbe condannare per un fatto-reato che si fonda, invece, sul contrassegno.
La Cassazione, con quel chiarimento, voleva riferirsi, tra le altre ipotesi, alla lett. c) dell’art. 171-ter l.d.a. comma 1, non alla lettera d) della stessa norma (che, sul punto, ha infatti puntualmente determinato l’annullamento della condanna).

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Sed Lex > Il bollino SIAE? Non più un obbligo

(da Punto Informatico n. 2874 del 14 aprile 2008)

Roma – Il contrassegno SIAE non è opponibile al privato. Quando è elemento costitutivo tipico di un reato non può esservi condanna.
La prima notizia non è dell’ultima ora ed è già conosciuta ai lettori di Punto Informatico; la seconda, invece, è la conclusione comune a tre recenti sentenze della Cassazione Penale (qui la più significativa, ma si veda anche la fondamentale n. 13816).

Atteso, però che la prima notizia è il logico e giuridico presupposto della seconda, è opportuno trattarle insieme, ripercorrendo l’intera vicenda, dalle origini alle conclusioni dei giorni scorsi.
Tutto ha inizio a Forlì-Cesena dove, a seguito di indagini svolte dalla Guardia di Finanza, la locale Procura ha citato a giudizio un imprenditore ritenendolo colpevole di aver predisposto per la commercializzazione supporti informatici privi del contrassegno SIAE richiesto dalla legge.
La contestazione riguardava, in particolare, l’art. 171-ter, comma 1, lett. c), l.d.a (oggi, dopo la riforma del 2000, divenuta lett. d).

Nel corso del procedimento, il difensore dell’imprenditore, l’avv. Andrea Sirotti Gaudenzi di Cesena, ha sottoposto al giudicante una questione pregiudiziale riguardante proprio un asserito contrasto con le norme dell’Unione Europea.
Il giudice, condividendo la rilevanza della questione ha, dunque, inviato alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee che, dopo aver valutato le conclusioni dell’Avvocato Generale conformi alla posizione dell’imputato italiano, ha “bocciato” il bollino.

Quest’ultimo, infatti, essendo regola tecnica (al pari di certe etichettature alimentari che tutti conosciamo) introdotta in Italia dopo la Direttiva 83/98/CEE, doveva essere comunicato alla Commissione UE, pena l’inopponibilità al privato. Notificazione, come è noto, non effettuata dal nostro Paese.

L’obbligo di apporre il contrassegno SIAE è stato generalmente e definitivamente sancito nel 2000 (art. 181-bis l.d.a.), ma da qualche anno prima (1987) era già imposto almeno per i supporti audiovisivi (per il cartaceo vigeva, a certe condizioni, anche prima).

Sempre nel 2000 (con la l. 248/2000) il regime penale del software è stato, sostanzialmente, omologato a quello degli audiovisivi. Con quella riforma, anche in relazione ai supporti contenenti i programmi per elaboratore (anzi, in particolare per essi), il legislatore ha privilegiato il fattore formale (la presenza o meno del contrassegno) anziché quello sostanziale (la legittimità o meno della copia). Con il paradosso rappresentato proprio del caso cesenate: l’imputato, infatti, deteneva sicuramente tutti i diritti relativi alle opere riprodotte ed aveva soltanto omesso la bollinatura.

Malgrado la diversa ed erronea opinione della SIAE (la quale ha vanamente affermato che la decisione europea riguardasse soltanto i supporti contenenti opere d’arte figurativa) le ricadute sul penale sono apparse subito inevitabili. Se alcuni (non tutti) reati previsti dalla legge sul diritto d’autore ruotano intorno al bollino SIAE (come elemento costitutivo e fondamentale) e questo è stato dichiarato inopponibile al privato, la norma si ritrova monca, impossibile da “rigenerare” mediante il riferimento ad altri elementi.

Puntualmente – pur riguardando, nella sentenza n. 13810, un caso non correlato al contrassegno – è arrivata l’autorevole opinione della Cassazione la quale ha osservato che “le fattispecie della l. 633/1941 che puniscono la immissione sul mercato di supporti privi del necessario contrassegno SIAE sono gli artt. 171 bis comma 1 e comma 2, l’art. 171 ter comma 1 lett. d (lett. c prima della novazione introdotta con la L.248/2000). Nel caso in cui la condotta contestata riguardi esclusivamente l’apposizione del marchio SIAE, la disapplicazione della norma nazionale, incompatibile con quella comunitaria, comporta davanti alla Corte Suprema l’annullamento senza rinvio della decisione impugnata”.

Insomma: da un lato, già per effetto della decisione della Corte di Giustizia, non è più obbligatorio apporre i contrassegni SIAE anche su supporti contenenti audiovisivi, banche dati e software (ivi compresi i videogiochi), dall’altro non è più reato (“il fatto non sussiste”, come precisato) la mancata apposizione del contrassegno SIAE. E, a mio avviso (ma come detto ancor prima dalla Cassazione che elenca alcune norme interessate), anche la detenzione di supporti non contrassegnati deve ritenersi non più sanzionabile penalmente quando l’illiceità della detenzione discenda soltanto dalla mancanza del bollino.

Il solito pasticcio all’italiana, verrebbe da dire, dove Stato e SIAE, nonostante la decisione di Lussemburgo e, comunque, le note regole che impongono determinati comportamenti agli Stati dell’Unione, continuano a cagionare un danno economico alla comunità e, come se non bastasse, a richiedere pervicacemente condanne penali pur in presenza di così macroscopici errori della Pubblica Amministrazione di cui il privato non è certo responsabile.

avv. Daniele Minotti
https://www.minotti.net/

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SIAE: ultima corsa

Sempre in relazione al “mitico” bollino SIAE, segnalo questa notizia rilanciata proprio da SIAE (già riportata nei commenti al post precedente).
La notizia sembra “vera”, nella misura in cui io non ho sotto gli occhi la sentenza palermitana e mi dispiace dubitare.
In effetti – per andare dritti al punto – quel giudice può aver pensato che la sentenza della Corte di Giustizia fosse applicabile soltanto ai supporti contenenti opere d’arte figurativa (che era quanto apparentemente contestato al signor Schwibbert). E’, d’altro canto, una tesi già notoriamente sostenuta da SIAE (e, probabilmente, dagli avvocati di parte civile che, verosimilmente, si sono costituiti in quella sede siciliana).
Ma il giudice di Palermo ha sbagliato e vediamo perché.
Il caso posto all’attenzione del Giudice di Forlì e, poi, della Corte di Giustizia delle Comunità Europee riguardava supporti contenenti non soltanto le opere d’arte figurativa (come vuol farci credere SIAE con l’unica difesa possibile per il contrassegno), ma anche un accompagnamento musicale e addirittura un film. Ciò è chiarissimo dalla lettura delle conclusioni dell’Avvocato Generale e la Corte ne ha sicuramente tenuto conto.
Al di là di ciò – e al di là del fatto che anche in assenza di un provvedimento della Corte il giudice italiano ha l’obbligo di disapplicare la propria legge contrastante con quella sovranazionale – la portata della decisione era comprensibile a tutti ed è la seguente: la regola tecnica (il contrassegno, nel nostro caso) non è opponibile se non è stato notificato dopo l’entrata in vigore delle relative Direttive UE. Ogni bollino, dunque, non soltanto quelli apposti su supporti contenenti determinate opere.
Ne consegue che tutto ciò che, sino alla notificazione, è imperniato sulla mancanza del bollino diventa inapplicabile. Molto chiara, sul punto, la recente Cassazione:

“le fattispecie della L.633/1941 che puniscono la immissione sul mercato di supporti privi del necessario contrassegno Siae sono gli artt. 171 bis comma 1 e comma 2, l’artt. 171 ter comma 1 lett.d (lett.c prima della novazione introdotta con la L.248/2000). Nel caso in cui la condotta contestata riguardi esclusivamente l’apposizione del marchio Siae, la disapplicazione della norma nazionale, incompatibile con quella comunitaria, comporta davanti alla Corte Suprema l’annullamento senza rinvio della decisione impugnata”.

Ecco perché la sentenza palermitana è sbagliata, come un po’ strana è quella notizia tanto sbandierata da SIAE, proprio ieri, quando si è avuta notizia della decisione della Cassazione.
Ancora, dopo la sentenza della Corte di Giustizia, l’obbligo di apposizione del contrassegno non sussiste più, per nessun supporto (tranne che per i libri). Congelato, di fatto, l’art. 181-bis l.d.a., tutto ricade anche sulle succitate norme penali incriminatrici.

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Bomba: la Cassazione penale conferma l’illegittimità del contrassegno SIAE

Vi ricordate la sentenza della Corte di Giustizia della Comunità Europee in tema di contrassegno SIAE?
Diceva, per riassumere qui la vicenda, che essendo il contrassegno norma tecnica doveva essere notificato alla Commissione. Cosa che, puntualmente, non è avvenuta. Dunque, il contrassegno non è opponibile al privato.
Due conseguenze:
– tutte le fattispecie penali che si fondano sulla mancanza di detto contrassegno non valgono più (sino alla notificazione);
– la SIAE non può legittimamente pretendere l’applicazione del contrassegno (eppure, continua a pretendere…).
Sul primo punto, il 2 aprile la Cassazione ha depositato ben tre sentenze. Ecco la più significativa.
Di seguito, dunque, la massima fornita dall’apposito Ufficio della Cassazione:

“In plurime decisioni depositate in data 2 aprile 2008, tra cui quelle qui presentate, la Corte valuta per la prima volta gli effetti, sui reati previsti essenzialmente dagli artt. 171 bis e ter della legge n. 633 del 1941, della sentenza della Corte di Giustizia C. E. 8/11/2007, Schwibbert, secondo cui le disposizioni nazionali che hanno stabilito, successivamente all’entrata in vigore della direttiva comunitaria n. 189 del 1983, l’obbligo di apporre sui supporti il contrassegno Siae, costituiscono una regola tecnica che, ove non notificata alla Commissione, è inopponibile al privato. La Corte, premettendo che il contrassegno Siae relativo a supporti non cartacei risulta introdotto nell’ordinamento italiano da norme successive all’approvazione della citata direttiva, e non comunicate, quanto meno sino alla data della sentenza della Corte di Giustizia, alla Commissione, ha pertanto ritenuto che : 1) in ordine segnatamente ai reati di cui agli artt. 171 bis, commi primo e secondo, e 171 ter, comma primo, lett. d), relativi infatti a supporti privi del contrassegno, deve ritenersi che il fatto non sussista venendo in concreto a mancare un elemento materiale degli stessi; 2) in ordine ai reati aventi invece ad oggetto supporti illecitamente duplicati o riprodotti, e che non prevedono come elemento essenziale tipico la mancanza del contrassegno (come il reato ex art. 171 ter, comma primo, lett. c), gli stessi restano punibili; in tal caso, tuttavia, la mancanza del contrassegno può conservare valore indiziario, necessitando perciò del conforto di altri elementi, circa la illecita duplicazione o riproduzione”.

Ancora, vorrei complimentarmi con Andrea Sirotti Gaudenzi che ha sollevato la questione che ha originato il tutto.

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Eutanasia di un bollino

Devo dire che, malgrado l’importanza fondamentale della sentenza della Corte di Giustizia che ha dichiarato “illegale” (e per illegalita’ intendo contrario alle norme sovranazionali, comunque vera e propria illegalita’) il contrassegno SIAE, tutto sembra essere passato sotto silenzio.
La SIAE pretende sempre e i processi continuano laddove, eppure, molte norme incriminatrici ruotano intorno a detto contrassegno (per il software, a causa della sciagurata legge 248/2000).
Ora, mi capita tra le mani un decreto di citazione dove si contesta il reato di cui all’art. 171-bis l.d.a. ma, stranamente, non si fa alcun riferimento al contrassegno (malgrado la netta formulazione della disposizione).
Ecco un estratto dell’imputazione:

perche’, al fine di trarne profitto, deteneva a scopo commerciale e imprenditoriale nr. 41 prodotti software dei quali non era titolare di licenza d’uso”.

Sarei grato a chi mi spiegasse la rilevanza, in penale, della mancanza di licenza su software detenuti.

P.S.: Non so perche’, ma ho la netta impressione che il magistrato che ha scritto quel capo di imputazione conosca benissimo la sentenza e tenti di sostituire il contrassegno con la licenza. Che non e’ proprio possibile…

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