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Sed Lex > Il bollino SIAE? Non più un obbligo

(da Punto Informatico n. 2874 del 14 aprile 2008)

Roma – Il contrassegno SIAE non è opponibile al privato. Quando è elemento costitutivo tipico di un reato non può esservi condanna.
La prima notizia non è dell’ultima ora ed è già conosciuta ai lettori di Punto Informatico; la seconda, invece, è la conclusione comune a tre recenti sentenze della Cassazione Penale (qui la più significativa, ma si veda anche la fondamentale n. 13816).

Atteso, però che la prima notizia è il logico e giuridico presupposto della seconda, è opportuno trattarle insieme, ripercorrendo l’intera vicenda, dalle origini alle conclusioni dei giorni scorsi.
Tutto ha inizio a Forlì-Cesena dove, a seguito di indagini svolte dalla Guardia di Finanza, la locale Procura ha citato a giudizio un imprenditore ritenendolo colpevole di aver predisposto per la commercializzazione supporti informatici privi del contrassegno SIAE richiesto dalla legge.
La contestazione riguardava, in particolare, l’art. 171-ter, comma 1, lett. c), l.d.a (oggi, dopo la riforma del 2000, divenuta lett. d).

Nel corso del procedimento, il difensore dell’imprenditore, l’avv. Andrea Sirotti Gaudenzi di Cesena, ha sottoposto al giudicante una questione pregiudiziale riguardante proprio un asserito contrasto con le norme dell’Unione Europea.
Il giudice, condividendo la rilevanza della questione ha, dunque, inviato alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee che, dopo aver valutato le conclusioni dell’Avvocato Generale conformi alla posizione dell’imputato italiano, ha “bocciato” il bollino.

Quest’ultimo, infatti, essendo regola tecnica (al pari di certe etichettature alimentari che tutti conosciamo) introdotta in Italia dopo la Direttiva 83/98/CEE, doveva essere comunicato alla Commissione UE, pena l’inopponibilità al privato. Notificazione, come è noto, non effettuata dal nostro Paese.

L’obbligo di apporre il contrassegno SIAE è stato generalmente e definitivamente sancito nel 2000 (art. 181-bis l.d.a.), ma da qualche anno prima (1987) era già imposto almeno per i supporti audiovisivi (per il cartaceo vigeva, a certe condizioni, anche prima).

Sempre nel 2000 (con la l. 248/2000) il regime penale del software è stato, sostanzialmente, omologato a quello degli audiovisivi. Con quella riforma, anche in relazione ai supporti contenenti i programmi per elaboratore (anzi, in particolare per essi), il legislatore ha privilegiato il fattore formale (la presenza o meno del contrassegno) anziché quello sostanziale (la legittimità o meno della copia). Con il paradosso rappresentato proprio del caso cesenate: l’imputato, infatti, deteneva sicuramente tutti i diritti relativi alle opere riprodotte ed aveva soltanto omesso la bollinatura.

Malgrado la diversa ed erronea opinione della SIAE (la quale ha vanamente affermato che la decisione europea riguardasse soltanto i supporti contenenti opere d’arte figurativa) le ricadute sul penale sono apparse subito inevitabili. Se alcuni (non tutti) reati previsti dalla legge sul diritto d’autore ruotano intorno al bollino SIAE (come elemento costitutivo e fondamentale) e questo è stato dichiarato inopponibile al privato, la norma si ritrova monca, impossibile da “rigenerare” mediante il riferimento ad altri elementi.

Puntualmente – pur riguardando, nella sentenza n. 13810, un caso non correlato al contrassegno – è arrivata l’autorevole opinione della Cassazione la quale ha osservato che “le fattispecie della l. 633/1941 che puniscono la immissione sul mercato di supporti privi del necessario contrassegno SIAE sono gli artt. 171 bis comma 1 e comma 2, l’art. 171 ter comma 1 lett. d (lett. c prima della novazione introdotta con la L.248/2000). Nel caso in cui la condotta contestata riguardi esclusivamente l’apposizione del marchio SIAE, la disapplicazione della norma nazionale, incompatibile con quella comunitaria, comporta davanti alla Corte Suprema l’annullamento senza rinvio della decisione impugnata”.

Insomma: da un lato, già per effetto della decisione della Corte di Giustizia, non è più obbligatorio apporre i contrassegni SIAE anche su supporti contenenti audiovisivi, banche dati e software (ivi compresi i videogiochi), dall’altro non è più reato (“il fatto non sussiste”, come precisato) la mancata apposizione del contrassegno SIAE. E, a mio avviso (ma come detto ancor prima dalla Cassazione che elenca alcune norme interessate), anche la detenzione di supporti non contrassegnati deve ritenersi non più sanzionabile penalmente quando l’illiceità della detenzione discenda soltanto dalla mancanza del bollino.

Il solito pasticcio all’italiana, verrebbe da dire, dove Stato e SIAE, nonostante la decisione di Lussemburgo e, comunque, le note regole che impongono determinati comportamenti agli Stati dell’Unione, continuano a cagionare un danno economico alla comunità e, come se non bastasse, a richiedere pervicacemente condanne penali pur in presenza di così macroscopici errori della Pubblica Amministrazione di cui il privato non è certo responsabile.

avv. Daniele Minotti
https://www.minotti.net/

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SIAE: ultima corsa

Sempre in relazione al “mitico” bollino SIAE, segnalo questa notizia rilanciata proprio da SIAE (già riportata nei commenti al post precedente).
La notizia sembra “vera”, nella misura in cui io non ho sotto gli occhi la sentenza palermitana e mi dispiace dubitare.
In effetti – per andare dritti al punto – quel giudice può aver pensato che la sentenza della Corte di Giustizia fosse applicabile soltanto ai supporti contenenti opere d’arte figurativa (che era quanto apparentemente contestato al signor Schwibbert). E’, d’altro canto, una tesi già notoriamente sostenuta da SIAE (e, probabilmente, dagli avvocati di parte civile che, verosimilmente, si sono costituiti in quella sede siciliana).
Ma il giudice di Palermo ha sbagliato e vediamo perché.
Il caso posto all’attenzione del Giudice di Forlì e, poi, della Corte di Giustizia delle Comunità Europee riguardava supporti contenenti non soltanto le opere d’arte figurativa (come vuol farci credere SIAE con l’unica difesa possibile per il contrassegno), ma anche un accompagnamento musicale e addirittura un film. Ciò è chiarissimo dalla lettura delle conclusioni dell’Avvocato Generale e la Corte ne ha sicuramente tenuto conto.
Al di là di ciò – e al di là del fatto che anche in assenza di un provvedimento della Corte il giudice italiano ha l’obbligo di disapplicare la propria legge contrastante con quella sovranazionale – la portata della decisione era comprensibile a tutti ed è la seguente: la regola tecnica (il contrassegno, nel nostro caso) non è opponibile se non è stato notificato dopo l’entrata in vigore delle relative Direttive UE. Ogni bollino, dunque, non soltanto quelli apposti su supporti contenenti determinate opere.
Ne consegue che tutto ciò che, sino alla notificazione, è imperniato sulla mancanza del bollino diventa inapplicabile. Molto chiara, sul punto, la recente Cassazione:

“le fattispecie della L.633/1941 che puniscono la immissione sul mercato di supporti privi del necessario contrassegno Siae sono gli artt. 171 bis comma 1 e comma 2, l’artt. 171 ter comma 1 lett.d (lett.c prima della novazione introdotta con la L.248/2000). Nel caso in cui la condotta contestata riguardi esclusivamente l’apposizione del marchio Siae, la disapplicazione della norma nazionale, incompatibile con quella comunitaria, comporta davanti alla Corte Suprema l’annullamento senza rinvio della decisione impugnata”.

Ecco perché la sentenza palermitana è sbagliata, come un po’ strana è quella notizia tanto sbandierata da SIAE, proprio ieri, quando si è avuta notizia della decisione della Cassazione.
Ancora, dopo la sentenza della Corte di Giustizia, l’obbligo di apposizione del contrassegno non sussiste più, per nessun supporto (tranne che per i libri). Congelato, di fatto, l’art. 181-bis l.d.a., tutto ricade anche sulle succitate norme penali incriminatrici.

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Bomba: la Cassazione penale conferma l’illegittimità del contrassegno SIAE

Vi ricordate la sentenza della Corte di Giustizia della Comunità Europee in tema di contrassegno SIAE?
Diceva, per riassumere qui la vicenda, che essendo il contrassegno norma tecnica doveva essere notificato alla Commissione. Cosa che, puntualmente, non è avvenuta. Dunque, il contrassegno non è opponibile al privato.
Due conseguenze:
– tutte le fattispecie penali che si fondano sulla mancanza di detto contrassegno non valgono più (sino alla notificazione);
– la SIAE non può legittimamente pretendere l’applicazione del contrassegno (eppure, continua a pretendere…).
Sul primo punto, il 2 aprile la Cassazione ha depositato ben tre sentenze. Ecco la più significativa.
Di seguito, dunque, la massima fornita dall’apposito Ufficio della Cassazione:

“In plurime decisioni depositate in data 2 aprile 2008, tra cui quelle qui presentate, la Corte valuta per la prima volta gli effetti, sui reati previsti essenzialmente dagli artt. 171 bis e ter della legge n. 633 del 1941, della sentenza della Corte di Giustizia C. E. 8/11/2007, Schwibbert, secondo cui le disposizioni nazionali che hanno stabilito, successivamente all’entrata in vigore della direttiva comunitaria n. 189 del 1983, l’obbligo di apporre sui supporti il contrassegno Siae, costituiscono una regola tecnica che, ove non notificata alla Commissione, è inopponibile al privato. La Corte, premettendo che il contrassegno Siae relativo a supporti non cartacei risulta introdotto nell’ordinamento italiano da norme successive all’approvazione della citata direttiva, e non comunicate, quanto meno sino alla data della sentenza della Corte di Giustizia, alla Commissione, ha pertanto ritenuto che : 1) in ordine segnatamente ai reati di cui agli artt. 171 bis, commi primo e secondo, e 171 ter, comma primo, lett. d), relativi infatti a supporti privi del contrassegno, deve ritenersi che il fatto non sussista venendo in concreto a mancare un elemento materiale degli stessi; 2) in ordine ai reati aventi invece ad oggetto supporti illecitamente duplicati o riprodotti, e che non prevedono come elemento essenziale tipico la mancanza del contrassegno (come il reato ex art. 171 ter, comma primo, lett. c), gli stessi restano punibili; in tal caso, tuttavia, la mancanza del contrassegno può conservare valore indiziario, necessitando perciò del conforto di altri elementi, circa la illecita duplicazione o riproduzione”.

Ancora, vorrei complimentarmi con Andrea Sirotti Gaudenzi che ha sollevato la questione che ha originato il tutto.

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SIAE, bugie e videotape (contrassegnati): aggiornamento

A costo di essere molesto…
Apprendo che Andrea ha scritto a La Voce per smentire/correggere il titolo dell’articolo cui facevo riferimento in questo post. Ha fatto bene.
La risposta e’ molto secca: l’abbiamo preso dal sito SIAE.
Il che aggrava la posizione di SIAE che, ente di diritto pubblico e dall’alto della sua "autorita’", diffonde notizie false. E nessuno dice nulla.

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SIAE, bugie e videotape (contrassegnati)

La Voce, che si definisce "primo quotidiano indipendente on line" (ma che io non conoscevo), se ne esce con un titolone shock: "Diritti d’autore: i supporti con opere tutelate vanno vidimati". L’articolo, poi, e’ tutto un programma, ma, a ben vedere, e’ copiato e incollato dal sito SIAE (senza citare la fonte…) che, finalmente, dice qualcosa. Di sbagliato. Vediamo perche’.[[SPEZZA]]
Il "fatto" e’ il solito, almeno per questo blog dove se ne e’ parlato in diversi post (gli altri media tacciono): la sentenza della Corte di Giustizia delle Comunita’ Europee in tema di contrassegno SIAE.
E partiamo dal titolone. La Corte dice l’esatto contrario e, cioe’, che "l’obbligo di apporre sui dischi compatti contenenti opere d’arte figurativa il contrassegno «SIAE» in vista della loro commercializzazione nello Stato membro interessato, costituiscono una regola tecnica che, qualora non sia stata notificata alla Commissione, non può essere fatta valere nei confronti di un privato". Tutto chiarissimo, ma non per la SIAE. Se la regola tecnica non e’ stata notificata, non puo’ essere opposta al privato, dunque l’obbligo decade.
Mi verrebbe da fermarmi qui, ma la pervicacia della SIAE impone di affondare il colpo sperando che porti al KO.
Se e’ vero che sul caso cesenate la decisione definitiva spettera’ al Giudice italiano, francamente non vedo come quest’ultimo potra’ giungere a condanna. Il motivo e’ sempre elementare: se c’e’ una norma che impone l’obbligo del contrassegno (art. 181-bis l.d.a.) e una che sanziona determinate condotte relative a supporti non vidimati se il contrassegno non c’e’ (artt. 171-bis e 171-ter l.d.a., ad esempio), alla luce dell’illegalita’ (va detto senza mezzi termini) del bollino, la norma sanzionatoria e’ inapplicabile. L’han voluta scrivere cosi’, tutta puntellata sulla benedetta pecetta, che, ora, il castello di carta cade inevitabilmente.
L’Araba Fenice, questa volta, non puo’ rinascere dalle proprie ceneri. A nulla vale sostenere che il caso di specie riguardava la fissazione, su supporti ottici, di opere figurative, lasciando intendere che per altre opere (software, video, audio, ecc.) l’obbligo sussisterebbe ancora. Da un lato, limpidamente, la Corte si e’ occupata di aspetti di carattere generale velevoli per ogni vidimazione imposta. Dall’altro, il processo ha per oggetto la contestazione dell’art. 171-ter l.d.a. (nella previgente lett. c) che, comunque, riguarda tutti i supporti audio-video. Ah… dimenticavo… I CD contenevano anche un accompagnamento musicale e un film. Forse la SIAE non ha letto bene gli atti di causa…
Inoltre, il mancato approfondimento, nel merito, va letto diversamente. La Corte ha sostanzialmente accolto in toto le conclusioni dell’Avvocato generale della Corte stessa il quale scrive: "È quindi superfluo rispondere agli altri quesiti sollevati nella questione pregiudiziale, poiché la loro soluzione non è utile ai fini della soluzione della causa principale". Penso non necessitino di spiegazioni.
Circa l’argomento secondo cui la legge italiana sanzionerebbe, anche penalmente, l’utilizzazione abusiva di opere, va detto che da un lato non coglie il nocciolo della causa cesenate (che non ha mai riguardato un’utilizzazione abusiva, ma soltanto la mancata apposizione del contrassegno), dall’altro, come anticipato, le sanzioni penali scattano se il bollino non c’e’, indipendentemente dall’abuso. Che e’ una bestialita’, ma l’hanno voluta cosi’ e, ora, se la tengono.
Se, infine, un autore vuole marchiare le sue opere, e’ una sua libera scelta, ma, con le parole dell’Avvocato generale, "le autorità italiane non possono pertanto perseguire il sig. Schwibbert per non aver adempiuto l’obbligo di apposizione del contrassegno".

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Ancora sul contrassegno SIAE

E’ passata una settimana dalla sentenza della Corte di Giustizia e si leggono ancora queste notizie.
Eppure e’ una questione di contrassegno SIAE.
Perche’ tutti tacciono o, peggio, fanno finta di niente continuando con indagini, dichiarazioni trionfali e altro? Forse perche’ non hanno capito tanto bene (o non vogliono capire) le conseguenze della pronuncia: rivoluzionarie, a dir poco.
Io rilancio. E tra un paio di settimana mi trovero’ proprio a discutere della cosa, davanti all’autorita’.

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Bomba: La Corte di Giustizia boccia il contrassegno SIAE

Questa e’ pesantissima…
"Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:
La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 giugno 1998, 98/34/CE, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione, come modificata con direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 luglio 1998, 98/48/CE, dev’essere interpretata nel senso che disposizioni nazionali come quelle di cui trattasi nella causa principale, in quanto abbiano stabilito, successivamente all’entrata in vigore della direttiva del Consiglio 28 marzo 1983, 83/189/CEE, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche, l’obbligo di apporre sui dischi compatti contenenti opere d’arte figurativa il contrassegno «SIAE» in vista della loro commercializzazione nello Stato membro interessato, costituiscono una regola tecnica che, qualora non sia stata notificata alla Commissione, non può essere fatta valere nei confronti di un privato
".
I miei personali complimenti all’Amico Andrea Sirotti Gaudenzi.
Il testo integrale e ufficiale e’ QUI (cliccare sulla cusa C-20/05 – Schwibbert).

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L’iniquo scompenso

Equo compenso: lo vogliono proprio aumentare, malgrado le proteste.
Ma che cos’è l’equo compenso? La duplicazione (riproduzione) di un’opera dell’ingegno (un film, una canzone, ecc.) è normalmente riservata. Nel senso che vi possono procedere soltanto coloro che detengono il relativo diritto. Alla nascita tale diritto appartiene all’autore, ma, normalmente, viene ceduto a chi fa business, dunque all’editore.
La legge, però, ci consente di fare una o più copie private per uso personale, ovviamente se disponiamo dell’originale. Ma la stessa legge prevede che chi è titolare del diritto sia in qualche modo indennizzato. Appunto, con il compenso che la legge definisce “equo” in quanto calcolato in modo “equitativo”, non direttamente correlato al numero delle copie.
I supporti destinati alla copia digitale sono molteplici: hard disc, CD-DVD, chiavette USB, schede; ma anche tutti i dispositivi che hanno una memoria interna, cioè lettori Mp3 e… telefonini.
Su tutti questi oggetti si paga l’equo compenso che è sostanzialmente a carico dell’utente finale.
Ecco cosa potete vedere acquistando, ad esempio, un iPhone 5s
5sPerché non piace? Malgrado quanto diceva Padoa Schioppa, l’italiano ha una certa antipatia per tasse, imposte e balzelli vari. Nel nostro caso, però, c’e’ qualcosa di più. Provo ad elencare:
– i soldi vanno a finire alla SIAE, un ente già commissariato ed oggetto di numerose critiche;
– il ricavato viene ridistribuiti agli autori sulla base di criteri che premiano i grandi e penalizzano quelli piccoli;
– soprattutto, l’imposizione dell’equo compenso si basa sul falso presupposto che tutti coloro che usano supporti e/o dispositivi vi immagazzinino copie di opere protette. Anche la macchina fotografica che uso per le foto delle vacanze, per dire.
E ora vogliono pure aumentarlo.

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Potrebbe piovere

Pare che i giorni appena trascorsi qui nel Belpaese siano stati i peggiori di sempre per il digitale, per l’innovazione in genere.. Vediamo un po’, giusto come promemoria.

L’AGCOM (Autoritâ Garante per le Garanzie nelle Comunicazioni) si approva un regolamento, secondo molti illegittimo, per “tutelare” il diritto d’autore con una procedura, anche in versione abbreviata, che non trova eguali in nessun altro settore e, guarda caso, a palese favore delle major.

La SIAE e’ una voragine ed ha sempre bisogno di soldi. Cosi’ vuole aumentare l’equo compenso per la copia privata, sempre anche a prescindere che sul supporto siano memorizzate o meno opere protette. L’aumento e’ passato in sede di discussione, ma c’e’ da scommettere che diverra’ legge.

Il Governo, invece, vuole incentivare il mercato dei libri. Soltanto quelli cartacei, pero’. Gli ebook restano fuori. Ed io che mi sto apprestando a lanciare una collana di ebook giuridici…

Sempre in pista di lancio, non ancora legge, tal On. Francesco Boccia, in quota PD, riesce, finalmente, a far passare un emendamento volto ad introdurre la “Google tax”. Visto che Big G (e non solo) fanno un sacco di soldi coi clienti italiani, allora obblighiamo queste imprese a dotarsi di partita IVA tricolore se vogliono vendere anche a noi. Cosi’ faremo cassa. Salvo renderci ridicoli, come giustamente affermato da molti, e metterci un attimino in imbarazzo negli accordi di libera circolazione di beni e servizi.

Ma non erano quelli dell’Agenda Digitale?

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Se la conosci la eviti

SIAESu Facebook mi è appena apparso un messaggio pubblicitario abbastanza forte, quello nell’immagine.
Soundreef è un’iniziativa nota e non recentissima, ma l’argomento è sempre attuale, specie a fronte di questa nuova campagna pubblicitaria.
Cerco di riassumerla al di là delle faq pubblicate dalla società. Soundreef propone opere musicali indipendentemente da SIAE ente al quale, pertanto, non è dovuto nulla. Si paga soltanto a Soundreef, sembrerebbe somme decisamente inferiori. Ciò vale, ovviamente, anche per le opere gestite da altre collection society.
Apparentemente, tutto regolare.
SIAE, però, non ci sta, ti pareva. E insinua.
Sounreef, però, risponde.
E’ sempre un bel ripasso.

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