ZeusNews > Tra bavagli, censure e complottismi

Mentre già c’è chi si organizza per il consueto prosecchino in piazza, ecco la mia opinione sulla legge “ammazzablog”. Dissenting opinion, come spesso succede.

(da ZeusNews del 26 settembre 2011)

Censura, bavaglio, ammazzablogger. Sono locuzioni tanto ricorrenti – quasi da complottismo – che oramai hanno perso ogni carica vitale e suggestiva.

Dove stanno, questa volta, le trame contro la blogosfera? Qui: “Per le trasmissioni radiofoniche o televisive, le dichiarazioni o le rettifiche sono effettuate ai sensi dell’articolo 32 del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177. Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”.

Si tratta del comma 29 dell’articolo 1 del disegno di legge C-1415-B, cioè il celeberrimo disegno di legge sulle intercettazioni (nella sua ultima versione ritornata alla Camera) sul quale, tra l’altro, il Governo vorrebbe porre la fiducia, blindandone il testo. Il che ci condurrebbe, a breve, ad averla come norma definitivamente vigente. Ma i condizionali vanno sottolineati perché si parla pur sempre di iniziative legislative che sono, invero, mosse politiche prive di esiti certi.

Ad ogni modo, vediamo la norma più da vicino, senza occuparci del più delicato e diverso problema delle intercettazioni, per capire se l’allarme sia veramente fondato.

Anzitutto, si deve evidenziare che la norma andrebbe a incidere sulla legge 47/1948, la fondamentale legge sulla stampa. E, come vedremo, non si tratta di un particolare. Le modifiche riguarderebbero l’articolo 8 che già prevede il dovere di pubblicare dichiarazioni o rettifiche. In questo modo, in caso di approvazione, l’articolo 8 (sottoposto ad altri adattamenti) “suonerebbe” così; ed è facile farsi un’idea d’insieme.

Prevedere un obbligo di pubblicare una rettifica non mi pare costituisca censura o bavaglio perché dalla violazione di detto obbligo non consegue, ad esempio, la sanzione della “cancellazione” del brano o, addirittura, la chiusura del sito. L’eventuale pena lo può indebolire economicamente, anche parecchio, ma il punto è sempre quello: la regola non mira a impedire la libera espressione del pensiero, ma obbliga (soltanto) a pubblicare la rettifica o la dichiarazione (qualunque essa sia, ma è sempre stato così) per di più perché non possiamo dimenticarci di un eventuale soggetto diffamato – a fronte di lesioni alla dignità o contrarietà alla verità.

A prescindere da ciò, si potrà obiettare che un blog, per fare l’esempio più immediato, non è, di regola, in grado di “sostenere” questi oneri aggiuntivi, semplicemente perché non ha, sempre di regola,la struttura dell’informazione professionale.

Premetto un mio personalissimo pensiero: ancora una volta, ci troviamo di fronte a una norma scritta sulla Rete, ma che svela la perfetta ignoranza di chi l’ha scritta e la piena incapacità di scrivere norme chiare nella materia che ci riguarda.

In un momento in cui la giurisprudenza si accorge che anche l’informazione professionale online non può essere semplicemente parificata a quella “tradizionale” (il direttore di una testata telematica pur registrata non risponde con lo stesso rigore di quello di una testata cartacea), il legislatore si irrigidisce e sembra addirittura fare passi nella direzione opposta.

La disposizione non è chiara, non lo si vuole nascondere, e la relazione al disegno di legge non aiuta. In più (l’emendamento di quattro senatori PD) che ha inserito l’inciso “ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica ha intorbidito ulteriormente le acque.

D’altro canto, malgrado l’espresso auspicio della Commissione Trasporti, poste e telecomunicazioni, nessuna tra le altre soluzioni (ad esempio, quella Radicale/PD – molto netta e precisa – o quella dell’on. Cassinelli non realmente radicale) è stata approvata. Sicché non ci resta che tenerci il testo citato e ragionare su quello. E credo che la soluzione sia proprio davanti al nostro naso.

E’ evidente che non si può estrarre una singola regola dal contesto normativo che la circonda. Si tratta, molto banalmente, di utilizzare, per l’interpretazione, quello che i giuristi chiamano “argomento sistematico” che fa chiaro riferimento a un “sistema” in cui la disposizione, appunto, si inserisce.

Il sistema è la citata legge 47/1948, inequivocabilmente chiamata “Disposizioni sulla stampa”. E se, di per sé, una pubblicazione telematica non è stampa (anche ai sensi dell’articolo 1), allora ciò che è contenuto in quella legge non può esservi applicato per il solo riferimento ai “siti informatici” contenuto nella regola di cui si discute.

Internet non è automaticamente stampa, dobbiamo sempre ricordarlo, e, oramai, la giurisprudenza è sufficientemente solida sul punto (tranne che per il singolare caso di Carlo Ruta). Pertanto, quella norma potrà applicarsi soltanto ai siti che possono essere definiti stampa in relazione ai quali e in considerazione delle peculiarità telematiche si sono volute introdurre specifiche regole.

Fortunatamente, per concludere, gli allarmi sono quasi del tutto infondati, perché i problemi, come per il già citato caso riguardante Carlo Ruta, potrebbero nascere soltanto in talune aule di giustizia.

Se è vero che non si può escludere che un giudice possa interpretare male la regola, è anche vero che le novità non introducono alcun bavaglio, tanto meno con volontà censorie: “Non attribuire a cattiveria ciò che puoi facilmente spiegare con la stupidità” (il cosiddetto Rasoio di Hanlon).

P.S.: Mentre scrivevo questo articolo, mi sono accorto che c’è chi la pensa sostanzialmente come me. Credo vada citato per ulteriori spunti: Alessandro D’Amato, per Giornalettismo.

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6 Responses to ZeusNews > Tra bavagli, censure e complottismi

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  2. andrea says:

    nel complesso si può essere d’accordo, ho grosse perplessità su alcuni punti, uno su tutti l’obbligo di rettifica e la valutazione di rilevanza penale della stessa (cosa faccio? non pubblico la richiesta di rettifica perché ritengo la norma non applicabile al mio piccolo blog? pubblico la rettifica anche se ho il dubbio che possa essere penalmente rilevante? non la pubblico e mi espongo al rischio della sanzione amministrativa?). mi sembra chiaro che l’intento sia quello di estendere l’applicabilità delle norme sulla stampa anche ai blog, nonostante – e a dispetto – della Cassazione. non si può parlare di censura vera e propria, ma che la volontà sia quella di “preoccupare” il tenutario di un “sito informatico” mi sembra evidente.

  3. Vorrei premettere che l’obbligo di rettifica esiste gia’, sostanzialmente con le stesse regole.
    Ora si discute della presunta estensione a tutta la Rete. E dico molto *presunta* perche’ pur condividendo certe perplessita’ (non mi piace esprimermi in termini di *allarmi*) grosse critiche a quello che sostengo io non ne ho lette…
    Nel merito, la rilevanza penale a me sembra semplice nella maggioranza dei casi. Per esempio una diffamazione, ecc.
    Non vedo, pero’ (e forse per ingenuita’ o per la *bastianite contraria* che notoriamente mi contraddistingue) che ci sia un preciso disegno.
    Mi sembra piu’ un’ignoranza. Gravemente colposa, ma ignoranza.

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