Category Archives: Giustizia tecnologica

Un processo vecchio (e iniquo) (un altro fallimento dell’informatica giuridica)

Dopo le comunicazioni difensive via fax, questa volta tocca alla PEC.
Le parti private non possono comunicare con gli uffici giudiziari con lo strumento che ci hanno obbligati ad avere. Giudici e piemme, invece, possono utilizzare gli strumenti ritenuti opportuni, ai sensi dell’art. 150 c.p.p.
L’ha detto una recente sentenza della Cassazione, purtroppo condivisibile.
Il problema, dunque, non sta a piazza Cavour, ma in via Arenula e nel vecchio che sta dentro in quel palazzo.

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Il fallimento dell’informatica giuridica – 4

La rete telematica della giustizia è un disastro. Bella scoperta.
L’articolo del Corriere dice un po’ di cose:
– hanno arrestato uno che doveva essere dei tre amministratori nazionali di sistema;
– allora, hanno visto bene di non nominare neppure gli altri;
– insomma, che mancano gli amministratori di sistema;
– dal 1° febbraio assistenza e sicurezza sono affidate in outsourcing con un costo iperbolico;
– e i ministeriali in loco non fanno più nulla o quasi;
– tutto avviene in remoto con qualche dubbio sulla sicurezza;
– i dati sono gestiti in modo indistinto e sono collocati sui server delle società private;
– sembra che in alcuni casi (mi auguro non per tutti) i tempi di intervento per manutenzione abbiano raggiunto gli 8 giorni;
– il “blindatissimo” contratto con queste società non prevede neppure una penale per inadempimento/ritardo;
– ah, dimenticavo di dire che il candidato amministratore di sistema è stato arrestato per corruzione e turbativa d’asta.
Queste cose avvengono con la complicità di tutti, va detto.

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Il fallimento dell’informatica giuridica – 3

Gian Antonio Stella, sul Corriere di oggi, fa le pulci al sito del Commissariato online.
Ma, senza offesa, scopre un po’ l’acqua calda, al di là di una o più pagine non attive.
La verità è che tramite il Commissariato online non si può fare molto; perché, ad esempio, per fare una querela bisogna sempre andare a quello “fisico” e mettere una bella firma in fondo a un foglio di carta.
E’ non è colpa dei poliziotti che si sbattono tutto il giorno, ma, come al solito, di chi li comanda e, soprattutto, di chi non fa leggi veramente per l’innovazione.

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Il trionfo del Copia & Incolla, la morte della giustizia

Copia & Incolla: certamente tra le più importanti invenzioni del secolo scorso, quel ‘900 così fecondo anche in informatica.
Lo sanno bene anche nelle aule di tribunale, tanto che ne usano e, troppo spesso, ne abusano.
Un caso emblematico tratto da una recente sentenza di Cassazione in tema di “motivazione per relationem” all’origine della quale la difesa, purtroppo senza successo, aveva chiesto l’annullamento di un provvedimento “per avere l’ordinanza del riesame richiamato per relationem il provvedimento cautelare, che a sua volta ricopiava la richiesta del P.M., che a sua volta ancora riproduceva la informativa di reato dei Carabinieri”.
Questo è, attualmente, l’unico processo penale tecnologico esistente. Per il resto, siamo ancora fermi al fax, non per tutto e per tutti.

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Il fallimento dell’informatica giuridica – 2

Qualche giorno fa, lamentavo che l’informatizzazione della giustizia è a livelli infimi e, tra le altre cose, ricordavo che nel procedimento penale soltanto giudice e pm possono trasmettere i propri atti via fax, non le parti private.
Detto fatto. Avevo appena inviato una memoria via fax (un atto dagli effetti giuridici non diretti, a differenza di un’impugnazione, ad esempio) e questa è la risposta del destinatario (peraltro, inviata più di una settimana dopo).
Spett.le Studio legale,
abbiamo ricevuto per fax la memoria difensiva nell’interesse di Tizia.
Si ricorda che la memoria deve essere depositata o spedita in originale.
Distinti saluti
Caia
Ass. Dr. Sempronio, Sost.
Procura di Gotham City
Non c’è speranza.
P.S.: la comunicazione della segreteria del pm mi è stata inviata, ovviamente, per email.
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Il fallimento dell’informatica giuridica

Non me ne vogliano gli amici a qualsiasi titolo coinvolti, ma io sono per l’abolizione di ogni cattedra di “informatica giuridica” perché non si è insegnato nulla.

Premesso che l’informatica giuridica è, come dice Wikipedia, “ la disciplina che utilizza i calcolatori elettronici nel campo del diritto”, possiamo dire che ha a che fare anche con l’informatizzazione della giustizia. E di questo voglio parlare.

Ma qui si palesano subito le note dolenti. Un esempio, che ho personalmente patito sulla mia pelle, ieri in Procura a Genova.

Molti sanno del recente accorpamento di alcuni uffici giudiziari. Chiavari, ad esempio, è stato assorbito da Genova, e, però, i registri informatizzati delle due procure viaggiano su sistemi diversi, incompatibili. Il sistema di Genova non può gestire il database di Chiavari, così si devono utilizzare due applicazioni differenti, a seconda del registro, con le immaginabili ricadute sulla Giustizia. Un’assurdità.

Dunque, malgrado i mille proclami, informatica e diritto non sembrano andare proprio d’accordo: sia per il solito andazzo italico della cosa pubblica, sia per colpa degli operatori, tutti, che sono sempre dolosamente infolesi oltre che presuntuosi, almeno qui da noi.

Quanto al primo aspetto, da tanti anni si discute del processo telematico, in mille convegni e con gente che si parla sempre di più addosso. Quello civile dovrebbe essere pienamente operativo, ma le incertezze sono ancora tante perché i piani hanno patito mille rallentamenti. Quello penale è in fase di sperimentazione e, personalmente, non prevedo tempi brevi.

Quanto alla cultura informatica degli operatori del diritto (anche dei “referenti” che dovrebbero trainare i progetti di informatizzazione), non basta avere lo smartphone o il tablet di ultima generazione e dal brand di appeal per poter comprendere e maneggiare gli strumenti tecnologici

I dispositivi troppo friendly rendono, in verità, la macchina assolutamente impenetrabile oltre la colorata interfaccia utente. Ecco perché, senza una vera cultura tecnologica, non si può andare al di là delle icone, nella realtà che non è in cambiamento, ma è già rivoluzionata.

A bene vedere, è il solito problema del digital divide, altra espressione di cui molti si riempiono la bocca senza sapere bene di cosa blaterano. E il circolo, vizioso, si chiude.

Io voglio poter inviare i miei atti, almeno agli uffici giudiziari (lasciamo perdere i privati, in primis i Colleghi), con una PEC e una firma digitale. Non chiedo tanto, gli strumenti già li abbiamo, manca la volontà di una sistema vecchio che non vuole togliersi la polvere di dosso intriso com’è di cieco misoneismo. Addirittura, ancora oggi non mi è possibile usare il fax, mezzo che, però, nel penale è consentito a giudici e pm.

E tutto ciò è fortemente frustrante, antieconomico… ingiusto.

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Eufemismi

Dai riscontri ottenuti è emerso un quadro variegato e disomogeneo“.

Quello appena riportato è un passaggio di un comunicato del Garante per la protezione dei dati personali che, annunciando un apposito provvedimento, fotografa la gestione delle intercettazioni nelle procure italiane. Che è disastrosa, come tutti gli operatori del diritto sanno.

Il comunicato è scritto in perfetto burocratichese, segno evidente dell’imbarazzo nel dover riferire e descrivere uno dei tanti mali della giustizia italiana.

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Diretta streaming

L’Unione delle Camere Penali Italiane pubblica proprio oggi (1° aprile…) una rivoluzionaria delibera che sollecita la massima trasparenza sulla Giustizia

Sarò antico, ma l’idea di una camera di consiglio in diretta mi fa un po’ sorridere.

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Trojan di Stato

Non è la prima volta che strumenti solitamente utilizzati per fini illegali diventano, successivamente, formidabili mezzi di indagine.
Ciò, in prima battuta, conferma la neutralità di certi strumenti, ma, ad un’ulteriore riflessione, invita a non farsi tentare dagli abusi.
Pare che nell’inchiesta napoletana sulla cosiddetta P4, gli inquirenti abbiano fatto uso di una “cimice” informatica, precisamente un trojan capace di intercettare tutto il flusso telematico di un certo computer, comprese, sembrerebbe mediante il microfono di sistema, le chiamate su Skype.
Relativamente al caso concreto, ovviamente, non avanzo il benché minimo dubbio, ma in un’altra indagine di cui (lecitamente, in quanto difensore) conosco gli atti, un’operazione del genere non mi sembra sia stata fatta molto formalmente (le intercettazioni devono essere autorizzate, ecc.). Vedremo, se arriveremo a processo.

P.S.: Grazie a Rebus per la segnalazione su Twitter (a proposito: ecco il mio account per chi volesse seguirmi)

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Marche e marchette

L’Italia vive di bolli e marche, lo sappiamo tutti. Ma ci sono anche le marchette.
Questa mattina dovevo recuperare delle copie di atti giudiziari ordinati la settimana scorsa. Quattro facciate. Costo dell’operazione, 0,77 euro (le vecchie 1.500), come previsto dal T.U. Spese Giustizia (lo stesso che prevede un importo di 258,23 per la copia di un CD…).
Prima, ovviamente, passo dal tabaccaio per dotarmi della marca per i diritti di copia. Quelle cartacee non esistono più. Con una macchinetta di Lottomatica (tipo quella per la schedina, per i bolli auto, ecc.) il tabaccaio inserisce l’importo ed esce subito una bella marca adesiva.
Domando il taglio da 0,77 (che ho sempre avuto sino a poco tempo fa), ma mi rispondono che il sistema non consente importi sotto 1 euro. Ne prendo atto, non sto a discutere (non è colpa del tabaccaio, di cui mi fido) e penso che 0,23 euro non sia una cifra su cui perdere troppo tempo.
Però: 0,23 euro * n?

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