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Wi-fi-(ino)

Non vorrei portare rogna, ma ho l’impressione che gli auspici di molti circa la semplice e totale abrogazione del “decreto Pisanu” naufragheranno miseramente.
Premettiamo, intanto, che il “decreto Pisanu”, all’art. 7, (quello più volte prorogato), non vieta tutte le reti wi-fi, ma obbliga i gestori di esercizi commerciali e circoli privati (che devono chiedere licenza al questore) a prendere una serie di misure atte , in buona sostanza, all’identificazione di chi accede al point (cablato o meno, telefonico o telematico).
Venendo al nocciolo, se è vero che, addirittura, vi è stata una proposta bipartisan di abrogazione, le parole di Maroni, proprio oggi, non fanno presagire alcunché di buono perché si pronuncia la parola magica “equilibrio”-
Vedremo, spero proprio di sbagliarmi.

P.S.: Detto tra noi, pur trattando diversi procedimenti per reati legati ad Internet come quelli menzionati da Maroni (pedopornografia e frodi online) non ho mai visto nulla di scoperto per merito del decreto citato.

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Fermiamo il decreto Maroni – Aggiornato

Allora, la questione è nota, ne hanno parlato tutti. Lo scopo di questo post non è quello di scroccare idee altrui e riproporle come mie. Soltanto, spero che, leggendomi, anche soltanto una persona in più si convinca che quello che vagheggia Maroni (perché soltanto domani si dovrebbe sapere qualcosa di più) è sbagliato, anzi pericoloso per la nostra libertà (non di quella di quattro imbecilli di quella o quell’altra parte). Dunque, i “saggi” che mi hanno preceduto sono tutti idealmente e cumulativamente citati.
Premessa. Certi reati (ad esempio, quelli che consistono in un’istigazione) esistono già. Saranno opinabili, ma esistono già, precisamente nel nostro codice penale.
Parimenti, la Magistratura può già disporre sequestri su siti illeciti (e lo ha sempre fatto). L’unico limite è che non si può sequestrare un sito all’estero in quanto non c’è la collaborazione internazionale necessaria.
Il problema, allora, diventa quello di rendere inaccessibili siti collocati su server all’estero. Per pedopornografia e gambling online, ciò si attua non con un sequestro stretto senso giuridico, ma con l’inibizione dell’accesso agli utenti collegati con provider Italiani, in pratica facendo modificare i DNS. Sono procedure previste dalla legge.
Recentemente, poi, si è radicata questa “moda” giuridicamente bizzarra di eseguire un sequestro (preventivo) mediante i medesimi interventi sui DNS. Ricordiamo il caso di The Pirate Bay, alla fine dissequetrato anche se, nelle settimane scorse, la Cassazione sembra aver lasciato uno spiraglio aperto per questo genere di sequestro. Altri siti di torrent e di vendita di tabacchi hanno seguito la stessa sorte.
A questa inibizione probabilmente pensa Maroni (come già, a suo tempo, il senatore D’Alia), ma vi sono almeno tre pericoli:
– se l’oggetto del provvedimento dovesse essere, ad esempio, un gruppo su Facebook, l’inibizione non potrebbe non riguardare tutto il social network;
– azioni di questo genere devono sempre passare per il vaglio della Magistratura; altre vie lascerebbero troppo spazio alla discrezionalità; e teniamo presente che qui è in gioco il diritto alla libera espressione del proprio pensiero, mica bruscolini;
– l’impugnazione di questi provvedimenti diverrebbe ardua, se non impossibile, consolidando un oscuramento anche se illegittimo.
Allora, visto che a casa Facebook si sono prontamente attivati per rimuovere tutti i gruppo all’indice, viene anche da domandarsi dove stia il problema.
La Rete ha più buon senso di quello che Maroni vuol far credere.

P.S.: Vi sono politici e media che istigano più all’odio che certi gruppi Facebook da ragazzini idioti…

Aggiornamento dello stesso giorno, ma dopo cena (diciamo quasi le 22.00): Maroni, in videochat col Corriere dice, anzitutto, che non sarà un decreto (fiuuuu… s’è sempre abusato dell’urgenza che non c’é), poi anche che saranno “soltanto” strumenti in più per la Magistratura con collaborazione dei “gestori” (scheriffi privati?). La fonte è il Corriere, ovviamente. Vedremo…

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