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Il 20 aprile a Genova (autopromozione)

Roberto Cassinelli mi ha onorato dell’invito ad un incontro su “La politica nella Rete – Riflessioni sul rapporto tra legge ed Internet: limiti e libertà”. Appunto, a Genova il 20 aprile 2009 alle 17.30, Hotel Plaza. Organizza il Circolo “L’Oblò”.
QUI c’e’ l’invito.
Parteciperanno: Massimo Nicolò (L’Oblò), Roberto Cassinelli (Pdl), Enrico Castanini (Confindustria), Alberto Clavarino (Soloinrete), il sottoscritto, Antonio Palmieri (Pdl), Marco Pancini (Google), Matteo Rosso (Regione Liguria), Guido Scorza, Antonio Prezioni (moderazione – RAI).

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La Cassazione dice no al “diritto di diffamazione” (sic)

Ieri sono stato in visita al blog dell’On. Carlucci per scrivere il post precedente. Navigando, mi sono imbattuto in un titolo che mi ha parecchio colpito. Appunto “Blog: la Cassazione dice no al diritto di diffamazione”.
Il post contiene soltanto un link che riporta ad un’altra pagina dalla quale si può scaricare un file dal nome “sentenza-cassazione-internet.doc“. Si tratta, appunto, di un file doc, in realtà un post di secondoprotocollo.org, esattamente questo, sito dal quale l’On. Carlucci pare avere già attinto.
Lo firma tale Elisa Arduini e già il titolo mi lascia perplesso. Perché, francamente, non pensavo che esistesse un “diritto di diffamazione”. Proseguendo, capisco che parla di questa sentenza (linkare non fa mai male, così uno si fa un’idea in proprio) di cui si è trattato anche qui.
Bene, tanto per cominciare la Cassazione non si è occupata di un caso di diffamazione. Il reato può essere considerato qualcosa di simile, ma, per correttezza, occorre dire che è quello di cui all’art. 403 c.p., “Offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone”.
Al di là di tutte le belle parole, la Suprema Corte dice due cose molto semplici:
– un forum, un blog, una newsletter e simili non sono, solo in quanto tali, stampa;
– ne consegue che essi non possono godere dei limiti al sequestro tipici della stampa (art. 21, comma 3, Cost.).
Punto.
Tutto il resto, son belle parole, ma non vi è alcuna pertinenza con quanto detto dalla Cassazione.
E leggo anche questo

Questa sentenza apre le porte alla responsabilità civile e penale degli amministratori delle piattaforme blog nei casi in cui non venga accertata l’identità di colui o coloro che gestiscono il blog, la news letter o una qualsiasi delle nuove forme di comunicazione di cui sopra

Guarda caso, è proprio ciò che vorrebbe l’On. Carlucci con il suo progetto di legge. Peccato che la sentenza abbia lasciato ben chiusa quella porta che qualcuno vuol farci vedere spalancata.
Come detto sopra, spesso non c’è bisogno di commentare. La gente è in grado di farsi un’opinione propria. Basta linkare la fonte prima, appunto la sentenza.

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Sequestratemi tutto, ma non il mio server

Una decina di anni fa i sequestri effettuati in indagini informatiche venivano estesi anche ai tappetini dei mouse.
Di tempo ne è passato, molto, e, personalmente, quando mi capita di parlare dell’argomento non faccio più quell’esempio. Appartiene alla storia, nulla di attuale.
E invece no. Ce lo dimostra una recente sentenza della Cassazione che, pur parlando di altri reati, ci riferisce di sequestri indiscriminati. Addirittura di un intero server (con immaginabili ricadute sull’attività imprenditoriale).
La sentenza è su Penale.it, non fissa principi specifici, ma ce ne ricorda uno, generale, di grandissima importanza, pur spesso dimenticato quando si tratta di sequestrare computer. Il vincolo di pertinenzialità, appunto.

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Fine della favola? – UPDATED 2

Duchesne si svela, lo dice il Corriere.
Io ci rimango un po’ male…

Updatino: come si capisce dal video, e’, ancora una volta, colpa di SIAE… Bah… (si veda 3:19 e seguenti del video)

Updatino-ino: che la fine di questo anonimato sia l’avanguardia del metodo Carlucci? 😉

Ancora aggiornamento: i più recenti (dopo l’annuncio) commenti all’ultimo post di Duchesne sono in larga parte deliranti, segno di grandissimo disagio personale, professionale e sociale.

Aggiornamento del 18 marzo 2009: Anzi, pare che chiuda (anche se ce lo si poteva aspettare).

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Fake Bersani

Pare che l’azione di partito abbia determinato la “scomparizione” di un fake di Bersani su Facebook. Fonte il Corriere.
Tutti sappiamo che, su Facebook, ci sono un sacco di fake di personaggi famosi. Ma – mi domando – se la “scomparizione” (peraltro miracolosa, visto che non è facile arrivare ai vertici di FB) fosse stata collegabile ad un altro personaggio avremmo sentito voci di giustizia o di censura?
A dire il vero, la cosa veramente divertente (in realtà, su cui meditare) è che, normalmente, i fake hanno più fan di quelli veri… Ci sarà un perché…

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Tutti contro D’Alia

L’espresso ha finalmente pubblicato il video della tavola rotonda organizzata da Alessandro Gilioli con ospiti molto importanti. Da vedere.
Due osservazioni veloci:
– Sofi ha parlato poco, ma ha detto una cosa sacrosanta e, cioè, che, semmai, ci vuole una legge generale, non spot normativi, che, però, dica il meno possibile;
– Di Pietro ha parlato molto e, francamente, io ho capito veramente poco.

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Gira la ruota (elogio alla normalità)

Tempo fa, una persona a me parecchio cara mi diceva “Ma vallo a spiegare, alla gente, cosa succede veramente qui dentro”.
Parlavamo della realtà-quotidianità giudiziaria, nel confronto con quello che ci riferiscono i media (ma anche, genericamente, gli altri, blog compresi) circa, ad esempio, i c.d. “grandi processi” (Cogne, Garlasco, Perugia, Erba, ecc.).
Il filone è ricco, succulento e fa venire parecchi pruriti. Specie quando si  parla di sesso (ad esempio nello  stesso processo). Tira molto, la gente non vuole informazione, ma è guardona. E chi “informa” lo sa.
Oggi – ed è soltanto l’ultimo episodio – il Corriere online ci riferisce (evidenziando in occhiello) che – udite! udite! – Amanda Konx, in Questura e dopo il tragico evento, faceva la ruota (la cosa sarebbe stata riferita da un funzionario della Questura di Perugia).
Indipendentemente da sollecitazioni sul punto (la cosa può essere uscita spontaneamente dal racconto del poliziotto oppure su domanda specifica delle parti), mi chiedo quale rilevanza abbia la cosa e perché abbia meritato tanta evidenza.
Perché – ed è ciò che non è scritto, ma è chiaro a chiunque disponga di facoltà anche soltanto minime – lo scopo è fissare l’equazione stramba=omicida.
Perché il fatto è realmente strambo, se così vogliamo definirlo, ma da ciò a renderlo elemento di giudizio (di colpevolezza) per la vasta platea ce ne passa.
Ma questo vuole il pubblico e se lo merita. I media, semplicemente, obbediscono, per vendere. Con quell’essere ruffiano (“E’ pur sempre presunta innocente”!) che buca il monitor quando Amanda viene chiamata così, confidenzialmente senza cognome.

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Forse si muovono… – UPDATED

Vittorio Zambardino intervista Marco Pancini, resposabile per le relazioni istituzionali di Google in Italia, sulla questione dell’emendamento D’Alia.
L’emendamento riguarda, in realtà, i provider di connettività, però fa piacere osservare che il movimento sia trasversale. Anche se c’è qualche imprecisione sul testo D’Alia (ma, ad ascoltare l’intervista di Gilioli, anche lo stesso Senatore non sembra avere le idee chiarissime su cosa ha scritto).

Aggiornamento del 13 febbraio 2009, ore 17:45: Oggi è la volta di Facebook che dice la sua sempre tramite Zambardino.

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Sullo stalking

Lo “stalking”, se vogliamo attingere da Wikipedia, può definirsi come “una serie di atteggiamenti tenuti da un individuo che affligge un’altra persona, spesso di sesso opposto, perseguitandola ed ingenerando stati di ansiapaura, che possono arrivare a comprometterne il normale svolgimento della quotidianità e “.
Nei giorni scorsi abbiamo saputo dell’approvazione, alla Camera, di un disegno di legge che vorrebbe perseguire il fenomeno in modo più deciso ed efficace. Sì, perché, attualmente, il fenomeno è, normalmente, sanzionato mediante l’applicazione del “modesto” art. 660 c.p. che, tra le altre cose, secondo me (e non soltanto) non è applicabile a Internet.
Ecco la scheda del disegno di legge fresco arrivo al Senato. Come potrete vedere, ne riunisce altri. A testimonianza di quanto il problema sia sentito.
Qualche brevissima osservazione:
– con questo testo, la norma si applicherebbe sicuramente ai fatti telematici;
– le pene sono abbastanza severe (specie se confrontate con quelle dell’art. 660 c.p.);
– non capisco perché debba essere prevista un’aggravante per il fatto del coniuge o del/della fidanzato/a; putroppo, è la normalità e non vedo un fatto più grave in ciò;
– ordinariamente, il reato sarebbe perseguibile a querela nel termine di sei mesi (circostanza che lo avvicina molto – comprensibilmente – ai reati di violenza sessuale);
– molto interessante la previsione di un ammonimento;
– come per i fatti di maltrattamenti in famiglia e simili, si prevede anche un’apposita misura cautelare non custodiale.

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Cassinelli Strikes Back

Doveroso anticipare, come ho sempre fatto, la mia conoscenza personale con l’On. Roberto Cassinelli. Così, come eventuale markettaro, sarei almeno trasparente.
In questi giorno sono stato parecchio in giro e ho potuto scrivere poco (malgrado avessi – e abbia ancora – un paio di argomenti interessanti). C’è, però, il tempo per riportare una cosa veloce, appunto riguardante Roberto Cassinelli.
Lunedì scorso, sul sul blog, ha pubblicato un post relativo alle sue ultime iniziative (ne abbiamo parlato di persona anche ieri):
– una proposta di legge anti-phishing;
– una legislazione per la sottoscrizione di richieste di referendum o di proposte di legge di iniziativa popolare direttamente on-line.
Rimando direttamente al suo blog.

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