Category Archives: Diritto d’autore

Moncler vs. Resto del Web: l’ordinanza (in HTML)

Già tempestivamente pubblicata (in pdf e insieme ad altri atti processuali) da Stefano Quintarelli, ecco la versione HTML dell’ordinanza patavina che ha cancellato il sequestro (per inibizione) di quasi 500 siti il cui nome di dominio “richiamava” i prodotti Moncler.
Su Penale.it.

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Repetita iuvant

Eggià…

«Questa decisione è quanto mai tempestiva perché il ricorso al filtraggio, come alternativa al sequestro, ha raggiunto in Italia livelli patologici». Questo il commento di Paolo Nuti, presidente dell’Aiip, l’associazione Italiana Internet provider. «Ci attendiamo ora che si ponga fine alla deriva giurisprudenziale che ha portato i nostri tribunali a scambiare il filtraggio su Internet per una forma di sequestro – aggiunge Nuti – e che si arresti l’iter dei progetti di legge tesi a legittimare, in contrasto con la legislazione comunitaria, tale insensata ed incostituzionale deriva».

(dal Corriere di oggi, sulla sentenza della Corte UE in tema di filtri al P2P)

Io non credo che la sentenza della Corte comunitaria possa generare decisioni dello stesso segno circa i sequestri di siti per “inibizione” (caso The Pirate Bay e figli, per intenderci), però mi fa piacere che anche Paolo Nuti comprenda la necessità di fare qualcosa.

Personalmente ritengo che l’unica possibilità (anche quella più solida) sia quella legislativa. L’avevo detto tempo fa, ma proprio una persona molto vicina a Nuti ha definito la mia idea bizzarra e strampalata. Stai a vedere che…

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Giornalettismo > L’Ue vieta i filtri sul P2P?

(da Giornalettismo del 24 novembre 2011)

Vietati i filtri sul peer-to-peer. E’ questa, in sostanza, il senso della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea emessa proprio oggi.

Tutto, in realtà, nasce da una decisione un po’ scellerata con la quale il Tribunale di prima istanza di Bruxelles aveva imposto ad un provider di connettività, su istanza della SABAM (omologa della nostra SIAE), di impedire gli scambi peer to peer in violazione delle norme sul diritto d’autore.

In pratica, come ben evidenziato dalla Corte di Appello di Bruxelles che ha sottoposto il caso alla Corte di Giustizia, si era imposto al provider un sistema di filtraggio:
– di tutte le comunicazioni elettroniche che transitavano per i loro servizi, in particolare mediante programmi peer-to-peer;
– da applicarsi indistintamente a tutta la sua clientela;
– a titolo preventivo;
– a spese esclusive dei singoli provider;
– senza limiti nel tempo.

Proprio sul punto è intervenuta la Corte Europea che ha stabilito che un giudice dell’Unione non può ingiungere quanto sopra per la contrarietà alle norme comunitarie (peraltro, regolarmente recepite dai singoli Paesi) vigenti in tema di dati personali, commercio elettronico e anche diritto d’autore. Non si tratta di una cosa da poco. Gioiscono i provider che, non avendo un obbligo generale di sorveglianza, vedono oggi allontanarsi il pericolo che qualche giudice nazionale imponga loro adempimenti francamente esorbitanti, onerosi, forse addirittura irrealizzabili.

Gioiscono gli utenti che eviteranno controlli preventivi e indiscriminati in danno della loro privacy (un po’ come accaduto a seguito del caso Peppermint), potendo godere della pienezza dei servizi telematici. Insomma, una vittoria importante – anche se ottenuta su una decisione palesemente censurabile – a beneficio di molti. Fine dei giochi, dunque? Non si vuole rovinare la festa a qualcuno, ma chi pensa che la decisione europea abbia messo fuorilegge, ad esempio, anche i sequestri di siti mediante inibizione di accesso, si sbaglia di grosso.

La sentenza è intervenuta soltanto per il fenomeno peer-to-peer sull’ipotesi di filtri generalizzati, preventivi e a tempo indeterminato, predisposti nell’ambito di una sorveglianza attiva del provider. Da qui a ritenere illegali anche i “nostrani” sequestri di siti (tecnicamente molto più semplici) ce ne passa, purtroppo. Complice una giurisprudenza discutibilmente “creativa” circa l’inibizione di cui sopra, i fornitori di connettività saranno ancora tenuti a rispettare i decreti di sequestro.

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Il calcio è bello, ma…

…non è soggetto alla disciplina sul diritto d’autore.
I media, in questi ultimi giorni, non hanno focalizzato bene il nocciolo della questione, preferendo dire che con un decoder greco si può vedere quello che si vuole altrove, gratuitamente.
In realtà, nelle due sentenze (cause 403 e 429 del 2008) sul caso del calcio criptato, c’è un passaggio molto interessante

Orbene, gli incontri sportivi non possono essere considerati quali creazioni intellettuali qualificabili come opere ai sensi della direttiva sul diritto d’autore. Ciò vale, in particolare, per gli incontri di calcio, i quali sono disciplinati dalle regole del gioco, che non lasciano margine per la libertà creativa ai sensi del diritto d’autore.

Che era quello che era stato sostenuto, tra molte critiche, anni fa a proposito del fattaccio calciolibero – coolstreaming. E, dalla vigenze del d.lgs. 8/2009, con questa precisazione, credo troppo oscura per avere conseguenze penali solide

«Capo I-ter

DIRITTI AUDIOVISIVI SPORTIVI

Art. 78-quater.

Ai diritti audiovisivi sportivi di cui alla legge 19 luglio 2007, n. 106, e relativi decreti legislativi attuativi si applicano le disposizioni della presente legge, in quanto compatibili.».

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Nobili cause, pessimi argomenti

In concreto: se un blogger (che tragga anche un minuscolo introito grazie al suo sito, magari grazie agli adsense di Google) pubblica nel suo sito uno spezzone di un articolo di giornale, di una trasmissione tv o di un brano musicale, rischia di dover scegliere tra una lunga e costosa controversia da dirimere davanti all’Agcom o, semplicemente, l’autocensura.

Questo è il lapidario parere di Alessandro Gilioli, che si può leggere sul suo blog su l’Espresso online. In realtà, si tratta di un’affermazione profondamente sbagliata.
Premetto che la mia contrarietà alle regole volute da AGCOM è nota e ben più articolata (QUI e QUI).
Detto ciò, bisogna riconoscere che lo stesso schema di regolamento menziona le eccezioni alla riproduzione riservata (eccezioni che, comunque, avrebbero operato comunque, pure in assenza del richiamo).  Parlo dell’art. 70 l. 633/41 e ne cito i primi due commi:

1. Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l’utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali.

. È consentita la libera pubblicazione attraverso la rete internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro. Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, sentiti il Ministro della pubblica istruzione e il Ministro dell’università e della ricerca, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, sono definiti i limiti all’uso didattico o scientifico di cui al presente comma.

La presenza di avvisi pubblicitari sul blog, in quanto generanti “lucro”, potrebbe in effetti impedire l’operatività del comma 1-bis, ma il comma 1 sarebbe comunque pienamente applicabile perché i fini concorrenziali sono chiaramente estranei all’attività dei blogger. Idem per quanto riguarda il fine “commerciale” che non è semplicemente introitare delle piccole somme per gli ads.
E ci sarebbe anche l’art. 65, per dirla tutta.
Nessun rischio concreto di controversia, dunque, perché il diritto di riproduzione è, a certe semplici condizioni, già concesso dalla legge e i giornalisti, che ne beneficiano quotidianamente, lo sanno benissimo.
Poi, è chiaro che al mondo ci sono anche quelli dalla causa facile, ma si tratta di fenomeni patologici che possono interessare gli psichiatri, non di argomenti seri per opporsi ad una norma.
Fermo resta, peraltro, che la diffusione telematica di opere al di là delle eccezioni di cui sopra oggi è già reato, AGCOM o no, e anche in assenza di lucro: art. 171 lett. a-bis) l.d.a. A maggior ragione se il lucro c’è: art. 171-ter, comma 2, lett. a-bis).
Ben venga, allora, il contenzioso davanti all’AGCOM?

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In difesa dei baby singer

Il periodo di protezione del diritto d’autore NON passa da 50 a 70 anni, malgrado quanto superficialmente sostenuto da molte fonti, forse anche per l’accostamento al termine “copyright” che, appunto, non è mera traduzione del nostro “diritto d’autore”.
Le cose stanno un po’ diversamente e credo che l’opinione pubblica debba essere informata correttamente affinché possa valutare in modo equilibrato.
Spero di essere chiaro, con poche parole.
Il diritto d’autore è, appunto, il diritto dell’autore di un’opera dell’ingegno: Salvador Dalì, Gabriele D’Annunzio, Lucio Battisti, Mogol, Robert Mapplethorpe erano/sono autori (pittori-scultori, scrittori-poeti, musicisti, “parolieri”, fotografi).
Più di recente, con la possibilità di “fissare” certe opere (si pensi al disco, ma anche alla pellicola fotografia o cinematografica), si è intesa tutelare anche una serie di diritti diversi (“connessi”), vale a dire quelli dei produttori nonché degli artisti interpreti ed esecutori: Trevor Horn (quando non canta o suona il basso), Pavarotti, Mina, giusto per fare qualche esempio. I diritti di questi soggetti sono disciplinati dagli artt. 72 e ss. l. 633/41.
I due casi sono ben distinti. La creazione dell’opera origina il diritto dell’autore, mentre altre attività come produzione, interpretazione ed esecuzione hanno portato al riconoscimento dei diritti connessi, conquista realizzata pienamente soltanto di recente per il nostro ordinamento che, si badi bene, non giova soltanto ai “divi” che hanno caldeggiato la riforma, ma anche a tutta quella “manovalanza” spesso invisibile eppure fondamentale anche per l’apporto artistico dato all’opera finale.

I diritti di sfruttamento patrimoniale riservati ali autori avevano già una durata pari a 70 anni (dalla morte dell’autore – questo termine è stato introdotto nel 1996), mentre per quelli connessi ci si fermava a 50 anni dalla fissazione dell’opera (ovviamente, mi riferisco alla regola, anche se ci sono alcune piccole varianti).
L’Unione Europea, con l’approvazione – pur non unanime – di un’apposita Direttiva, ha, dunque, voluto allungare questo termine garantendo, in ultima istanza, compensi a produttori, interpreti ed esecutori – delle sole registrazioni musicali (e non delle altre opere) – per ulteriori 20 anni.
QUI il testo approvato ma non ancora pubblicato. Di seguito una fondamentale motivazione data alla riforma sulla quale discutere

Performers generally start their careers young and the current term of protection of 50 years often does not protect their performances for their entire lifetime. Therefore, some performers face an income gap at the end of their lifetimes. They are also often not able to rely on their rights to prevent or restrict objectionable uses of their performances that may occur during their lifetimes

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La montagna e il topolino (autopromozione)

Non mi ero accorto che Guida al Diritto aveva pubblicato un mio pezzo – che, in realtà, avevo consegnato con un po’ di ritardo – sull’ultima delibera AGCOM in tema di diritto d’autore (quella riguardante lo schema di regolamento sul diritto d’autore online).
La segnalo ora, spero di aver scritto qualcosa di nuovo e che possa contribuire alla discussione.

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Tirarsela

Ma chi si credono di essere ad AGCOM?

CONSIDERATO che, in materia di tutela del diritto d’autore, l’Autorità ha visto accrescere progressivamente il proprio ruolo grazie a interventi del legislatore che poggiano su tre pilastri normativi ben identificati.

Da QUI, pag. 2 in fondo.

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Perfect day (e autopromozione)

E’ arrivato il giorno fatidico, quello in cui l’AGCOM delibererà l’abusivo regolamento sul diritto d’autore online (e non).
Fulvio Sarzana di Sant’Ippolito ci informa, peraltro, che Milano Finanza ha anticipato alcuni punti della bozza oggi in discussione. E ci sono non poche sorprese, ovviamente non bellissime.
Anche SIAE ha scelto il giorno giusto e ha visto bene di spendere i soldi degli associati per pubblicare, su alcuni quotidiani cartacei, un inutile avviso a pagamento a strenua e sgangherata difesa del provvedimento AGCOM. E’ consultabile anche sul sito SIAE.
Interessanti le firme (artisti ed enti) in calce: alla fine stanno sempre dalla parte dei propri milionari interessi.
Infine, un po’ di autopromozione: un mio articoletto su Guida al Diritto online col quale cerco di spiegare gli aspetti giuridici della questione, concludendo – lo dico sin d’ora – per l’insussistenza di un potere regolamentare in materia.

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Essere e sembrare

L’AGCOM fonda il proprio (insussistente) potere regolamentare su alcuni “sembra”

La competenza dell’Autorità in materia di copyright non sembra soffrire sensibili limitazioni dall’esclusione operata dall’art. 2, comma 1, lettera a) per i “i siti internet privati e i servizi consistenti nella fornitura o distribuzione di contenuti audiovisivi generati da privati ai fini di condivisione o di scambio nell’ambito di comunità d’interesse”. La ratio di tale esclusione sembra decisamente  infatti  quella di salvaguardare una delle principali caratteristiche della rete internet, vale a dire quella di fungere da straordinario veicolo di scambio dei file “generati da privati”.

La fonte QUI, pag. 6

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