Lesa maestà analogica (edit) (edit molto importante)

Un’Italia che soffoca nel misoneismo di chi osteggia il progresso andando anche contro la legge.

Ho voluto iniziare con una riflessione che ho fatto verso la fine di questo post, ma vi racconto subito una storia, partendo da lontano, ma con la promessa di provare a narrarla anche per i non addetti ai lavori, evitando l’odioso legalese.

Anno 2000. Siamo a fine ottobre e il Circolo dei Giuristi Telematici, a Pisa, organizza un convegno su informatica giuridica e diritto dell’informatica. C’ero anch’io, a divertirmi, più che a dire cose meritevoli di ascolto. Fu un convegno fortemente voluto da Giorgio Rognetta, fortemente lungimirante.

Sta di fatto che, tra le altre cose, si parlò un po’ più concretamente di Processo Telematico Civile (PCT).

Piccola parentesi. Per il penale, ahinoi, siamo ancora più indietro. Giudici e PM possono mandarti fax, email e pure SMS, l’avvocato no oppure forse, qualcosa. Andiamo avanti.

Ma perché un processo telematico dovrebbe essere desiderabile? Be’, a me sembra ovvio, ma tant’è… Costa ed inquina di più un computer che manda un atto ad un altro computer oppure la tua auto, anche utilitaria, che parte da Rapallo e va a Genova e ritorno? Anche in treno vale la stessa cosa. Eppoi, non dimentichiamoci che non tutto il digitale deve essere necessariamente stampato (carta, toner, energia, ecc.). E il tempo, che è anche denaro: non ce ne vergogniamo.

Il PCT non è decollato subito, anzi. C’è stata molta ignoranza, molte ostilità da parte di chi aveva delle aspettative economiche (magari negate) e di chi, sentendosi sfuggire di mano il potere per l’effetto di un domani galoppante, ha puntato i piedi, provando a fermarlo.

Amici mi riferiscono che alcuni magistrati non lo amano perché, per esempio, stamparsi un allegato pdf è roba da cancelliere e non per persone di quel rango. Idem per molti avvocati. Non c’è differenza, per me quella gente è nemica della Giustizia, indistintamente.

Tutti, però, sono uniti da quell’idiota presunzione di non volersi/potersi sporcare le mani.

Passano gli anni e arriviamo al 30 giugno 2014 quando il PCT diventa – sembra… – la regola.

Allora, tutti si organizzano un po’, annaspando, perché le novità, anche se buone, danno fastidio, ci costringono a studiare e, magari, danno potere a chi si è adattato prima di noi.

Avvocati e magistrati maledicono la tecnologia perché non hanno la benché minima elasticità mentale per adattarsi al tempo che scorre, anzi corre. Eppoi – e soprattutto – se non la possono controllare perdono il potere.

Fioriscono gli “organizziamoci”, molti protocolli locali, non sempre in linea con la legge, che, senza dubbio contribuiscono a creare particolarismi e confusione.

Ci pensano anche i meneghini, con un loro protocollo firmato del Tribunale e dal locale Consiglio dell’Ordine degli Avvocati: OK, gli atti si mandano telematicamente in digitale (come prevede la legge, peraltro in modo esclusivo), ma – non si comprende bene il perché – bisogna stampare e depositare anche una “copia di cortesia”.

Ora: per me “cortesia” equivale ad “educazione” che, sempre per me, è un insieme di regole che non prevede sanzioni. Tant’è…

Persona e Danno ci dà notizia di un provvedimento assai particolare. Cito testualmente il passaggio che posso anticipare come “incriminato”. “Incriminato” perché su Facebook è già montata la polemica che, sicuramente, ricadrà sul Web (che strano… una volta comandava il generico Web). Anzi, pubblico lo screenshot, così non ci sbagliamo.

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