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Due o tre cose che vorrei dire sulla Costituzione di Internet

Il tema non è certo nuovo, ma ha ripreso attualità. Lunedì scorso, il 16 giugno, a Montecitorio si è tenuto un convegno sul tema e dal titolo “Verso una Costituzione per Internet”?

Speaker di eccellenza, non necessariamente competenti: Stefano Rodotà, Laura Boldrini e Antonello Soro.

Ecco le mie osservazioni.

1) Premetto che, in linea di massima, anch’io sono contrario a normare la Rete. L’ansia dei legislatori misoneisti è qualcosa che mi ha sempre un po’ spaventato, come se fosse psicopatologica.
Sono sempre stato contrario a questo tipo di regole, sin da quando si voleva introdurre il “diritto ad Internet” nella nostra Costituzione con un curioso art. 21 bis.
Più che temere vincoli, credo che la nostra Costituzione vada già benissimo, almeno su questo punto, e non è proprio il caso di inspessirla con nuove regolette, inutili.

2) Invece, c’è chi, al di là di questo genere di considerazioni, teme comunque le regole credendo che essere limiterebbero inevitabilmente le libertà. E sono tanti, anche perché la Presidente Boldrini ha proprio sbagliato tema, utilizzando termini e figure un po’ preoccupanti.

3) Per quello che ho letto in giro, infatti, i vari speaker hanno parlato di regole e Internet in modo molto diverso. Boldrini e Soro hanno proposto regole alla Rete, confermando, come detto, i timori dei sullodati fobici.

4) Rodotà, invece, ha trovato, già anni fa, la parolina magica che, paradossalmente, rende meglio di quella utilizzata nel titolo del convegno (“Costituzione”). La parolina – in realtà una locuzione – è “Bill of Rights” che, a chi ha compiuto studi giuridici preferibilmente comparatistici, ricorderà più che la Costituzione britannica, una parte (i primi 10) emendamenti alla Costituzione degli Stati Uniti. Tipo il primo, dove è consacrata la “freedom to speech”, la “libertà di parola”, mica poco…

5) Si capisce, allora, che le suddette fobie sono un po’ fuori luogo almeno sulla posizione Rodotà che, peraltro, non è certo l’ultimo arrivato (e, giustamente, ricorda che, al momento, le regole le fa il mercato in modo non proprio democratico).

6) Tuttavia, non sono d’accordo ad introdurre una Costituzione di Internet. Come detto sopra, non serve.

A me la cosa sembra tanto semplice…

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