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Free P2P

Nei giorni scorsi sono state pubblicate le motivazioni di una pronuncia in tema di divulgazione di materiali pedopornografici via P2P (nel caso particolare, Kazaa, ma la cosa vale anche per Emule, ad esempio). Si tratta della sentenza della Cassazione n. 44065/2011.
In sostanza, la Corte Suprema, riprendendo alcuni precedenti giurisprudenziali, ha statuito che il semplice uso di programmi peer-to-peer non basta a fondare una condanna per detto reato, ma occorre qualcosa di più. Si pensi, in particolare, alla condivisione automatica di certe applicazioni che, peraltro, può attivarsi ancor prima del download completo.
Ed è un tema molto importante che, personalmente, mi trovo quasi sempre ad affrontare nei processi dove sono difensore.
Al di là di ciò, mi ha colpito un passaggio, pur incidentale, che, personalmente, trovo “rivoluzionario” (v. in fondo)

Si tratta, nei singoli casi concreti, di questione interpretativa abbastanza delicata, perché il sistema dovrebbe essere razionalmente ricostruito giungendo a soluzioni che tengano conto delle effettive caratteristiche e delle concrete modalità di utilizzo di programmi del genere da parte della masse degli utenti e che, nello smesso tempo, soddisfino l’esigenza di contrastare efficacemente una assai grave e pericolosa attività illecita, quale la diffusione di materiale pornografico minorile, cercando però di evitare di coinvolgere soggetti che possono essere in piena buona fede o che comunque possono non avere avuto nessuna volontà o addirittura consapevolezza di diffondere materiale illecito, soltanto perché stanno utilizzando questi (e non altri) programmi di condivisione, e cercando altresì di evitare che si determini di fatto la scomparsa di programmi del genere.

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Ancora su GamEternity: è tutto così lineare?

Domanda: uno incassa 3-400 euro al giorno (verosimilmente tutto in nero, esentasse) e continua a fare l’edicolante? Per di più, tiene l’hosting del suo sito “pirata” su Aruba?

Anche l’ultimo arrivato su Internet capisce che in articoli come questo di Repubblica c’è qualcosa che non torna. Personalmente, quegli incassi, da banner (anzi, verosimilmente ads di Google), mi sembrano eccessivi, anche con grossi traffici.

In più, va spiegata meglio la multa milionaria. Che significa 103 euro o il doppio del valore dell’opera? Sta tutto nell’art. 174-bis l.d.a. Eccolo

Ferme le sanzioni penali applicabili, la violazione delle disposizioni previste nella presente sezione è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria pari al doppio del prezzo di mercato dell’opera o del supporto oggetto della violazione, in misura comunque non inferiore a euro 103,00. Se il prezzo non è facilmente determinabile, la violazione è punita con la sanzione amministrativa da euro 103,00 a euro 1032,00. La sanzione amministrativa si applica nella misura stabilita per ogni violazione e per ogni esemplare abusivamente duplicato o riprodotto.

Attenzione: questa norma folle (comunque, di discutibile applicabilità) introdotta nel 2000 su disegno di legge proposto da Walter Veltroni nel Governo Prodi, rischia di valere anche per chi non fa lucro del download, ma, semplicemente, mette in condivisione (più o meno consapevolmente) opere protette, ad esempio con un “banalissimo” programma di P2P.
Qualcuno dei lettori ha una cartella Incoming con 1.000 file? Si faccia i conti.

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