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La PEC incompleta, va bene lo stesso

La Cassazione dice che se l’atto allegato alla PEC è incompleto (due pagine di tre, soltanto i fronte…), va bene lo stesso. L’importante è che il sistema confermi accettazione e consegna.
Quanto il giudice non sa guardare al di là del proprio naso, non capisce che per l’ufficiale giudiziario vale la sua dichiarazione (di notificazione dell’atto integrale), mentre per la PEC e’ immediatamente verificabile (anche che, ad esempio, chi ha fatto la notifica ha dichiarato il falso, pur in buona fede).
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La PEC è mia e me la gestisco io

Professionisti partita IVA, dunque dotati per legge di PEC. Quanti di voi hanno ricevuto spam (comunicazioni non richieste, eventualmente commerciali) sulla propria casella PEC. E non parlo soltanto di avvocati, ovviamente.
A me ne arrivano anche troppo spesso.
La PEC, per me, è il più importante strumento di lavoro telematico perché è l’unico che, per legge, ha piena validità di comunicazione. Dunque, non me la puoi intasare anche se l’indirizzo è riportato in un elenco pubblico (registro pubblico INI-PEC o anche gli albi).
Il Garante ha appena detto la sua con il provvedimento n. 52 del 1° febbraio 2018 vietando l’invio (e, ancora prima, la raccolta) di messaggi promozionali a quegli indirizzi. Ovviamente, la stessa conclusione sarebbe stata raggiunta per le email normali. Giusto per dirlo.

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PPT e piccole cose 8: inammissibile l’opposizione a decreto penale di condanna inviata via PEC

Ancora una pronuncia sull’uso della PEC da parte dei difensori.
Ancora una volta, la Suprema Corte ha dichiarato l’inammissibilità, nella specie dell’opposizione a decreto penale di condanna che, essendo impugnazione a tutti gli effetti, risponde alle regole delle, appunto, impugnazioni come da codice di procedura penale.
La sentenza ci dice ancora una volta che non si può fare un processo telematico “fai-da-te”, ma occorre una riforma, quello che l’UCPI vuole, pur essendo soltanto un primo piccolo passo.

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PPT e piccole cose 7: via alle notificazioni via PEC in Cassazione

Come da oggetto.
In realtà chi frequenta la Cassazione sa che c’è già stata una sorta di “sperimentazione” partita proprio quest’estate.
Ora è realtà, con la pubblicazione in Gazzetta del Decreto Giustizia 14 settembre 2017  – Notificazioni telematiche ai difensori nel processo penale di legittimita’ presso la Corte Suprema di Cassazione, ai sensi dell’articolo 16, comma 10, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2012, n. 221.
Purtroppo, come al solito, la “riforma” è asincrona: porta un vantaggio soltanto alla magistratura, non all’imputato e al suo difensore.

A decorrere dal quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, l’art. 16 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni nella legge 17 dicembre 2012, n.
221, trova applicazione per le notificazioni, a cura delle cancellerie della Corte suprema di cassazione, a persona diversa dall’imputato a norma degli articoli 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, del codice di procedura penale.

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PPT e piccole cose 6: niente PEC per l’invio di istanze

Una sentenza, in realtà, non rivoluzionaria perché non è certo la prima che afferma che i privati non possono comunicare via PEC nel processo penale. Il mezzo è riservato a cancellerie e segreterie.
Parliamo della sentenza 31314/2017 della II sezione penale della Cassazione, QUI.
A parte il paradosso che qualche pronuncia è stata possibilista sull’uso del fax, qui la questione non è più tanto giuridica (avrei qualche difficoltà a ritenere infondata la conclusione della Suprema Corte), ma politica.
Il Processo Penale Telematico (PPT) non può più attendere e non bastano i protocolli locali, tanto comodi in prima battuta, ma subito dopo forieri di incertezze assai pericolose.
E il PPT deve iniziare da queste piccole (ma grandi) cose.
Purtroppo, conosciamo bene le resistenze che non sono degli avvocati (che possono scegliersi sempre il mezzo, in questo caso), ma dall’altro lato: una giustizia (dai magistrati all’ultimo degli operatori giudiziari) che non sa stare al passo dei tempi, incapace com’è di organizzarsi a causa della sua immensità burocratica.
Basti pensare alla “copia di cortesia” ancora oggi imposta nel processo civile telematico, non c’è altro da dire.

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PPT e piccole cose 4: lo strano caso della PEC unilaterale

Il caso: devo chiedere un’*estinzione reato* ex art. 445 c.p.p. da patteggiamento.
Sede non lontanissima, ma, vista la gestibilita’ della cosa, provo a proporre una spedizione diversa, alternativa. La prima parte e’ riportata QUI.
Insomma, che mando per posta cartacea, come consigliatomi.
Esito OK, abbastanza lineare, ricorrendone i presupposti.
Comunicazione del provvedimento in allegato (scannerizzato e non firmato digitalmente) da PEC dell’ufficio (che, in entrata, mi era stata detta *intasata*) su mia casella normale.
Sipario!

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PPT e piccole cose 2

Prendo spunto dal post precedente per “fondare” una serie dedicata al PPT, visto che ci sono tante piccole cose da vedere e aggiustare, prima del grande salto.

Capitata stamattina, fresca fresca. Credo che tutti i Colleghi sappiano che, a norma di legge, a noi avvocati l’uso della PEC (e neppure il fax, se vogliamo) per depositi ufficiali non sarebbe concesso. Per i magistrati, invece, c’è una  norma di chiusura (art. 148, comma 2bis, c.p.p.) che per le notificazioni permette un po’ tutto:

2-bis. L’autorità giudiziaria può disporre che le notificazioni o gli avvisi ai difensori siano eseguiti con mezzi tecnici idonei. L’ufficio che invia l’atto attesta in calce ad esso di aver trasmesso il testo originale.

Tuttavia, alcuni protocolli locali (odio i localismi, l’Italia è una) per specifici depositi (non per le impugnazioni) consentono l’uso della posta elettronica certificata.

Chiamo una cancelleria del Nord-Ovest, chiedo se fosse possibile inviare con PEC (magari con firma digitale) un’istanza di estinzione degli effetti penali a seguito di patteggiamento dopo i cinque anni di legge. Nulla di che, una cosa che dovrebbe/potrebbe essere fatta d’ufficio.

La cancelliera, gentilissima, dolcemente mi risponde: “Avvocato, per cortesia, mi mandi tutto per posta normale, abbiamo la posta (la PEC) intasata” (nel senso che ne avrebbero così tanta da non riuscire a leggerla).

E se anch’io, la prossima volta, contestassi una notificazione perché ho la casella piena e non riesco a leggere tutto?

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Dice che non ha ricevuto la PEC

Caso calcistico agostano; e giuridico.
Sembra che il destinatario (la Lega Calcio) neghi di avere ricevuto una PEC dalla Società mittente (Sassuolo Calcio).
Così dice La Stampa, per esempio.
Io dico che, se è veramente così, è il caso giudiziario dell’anno (visto che è già stato annunciato il “ricorso”).

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Il fallimento dell’informatica giuridica – 7

A Torino sperimentano il Processo Telematico Penale (PTP), dopo i “successi” di quello civile (per la cronaca: un mostro burocratico spesso gestito da inetti).
Loro ti mandano le notifiche via PEC, ma con quello stesso mezzo tu non puoi depositare alcun atto.
Viva l’Italia, viva la Giustizia.

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Un processo vecchio (e iniquo) (un altro fallimento dell’informatica giuridica)

Dopo le comunicazioni difensive via fax, questa volta tocca alla PEC.
Le parti private non possono comunicare con gli uffici giudiziari con lo strumento che ci hanno obbligati ad avere. Giudici e piemme, invece, possono utilizzare gli strumenti ritenuti opportuni, ai sensi dell’art. 150 c.p.p.
L’ha detto una recente sentenza della Cassazione, purtroppo condivisibile.
Il problema, dunque, non sta a piazza Cavour, ma in via Arenula e nel vecchio che sta dentro in quel palazzo.

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