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Illecito intervenire su console per videogiochi?

E reato commercializzare dispositivi che consentono di utilizzare su console vidiegioci non originali? La Cassazione dice di sì, ma penso sia da segnalare anche quest’ultima pronuncia perché, a mio parere, la soluzione non è corretta.
Anzitutto – è una cosa che dico da molto tempo – i videogiochi non sono opere audio-video, ma software. Tecnicamente, penso che chi ne sa più di me possa confermare, giuridicamente, tutto sta nel regolamento sul contrassegno SIAE che, appunto, li definisce come tali.Un tempo era il DPCM 338/2001, ora è il DPCM 31/2009. Il secondo ha abrogato il primo, ma, sul punto, non vi sono modifiche sostanziali e tutto sta nell’art. 5, comma 1, lett. b) che parla espressamente di videogiochi, plastation, consolle. Più chiaro di così…
La conseguenza di questa natura tecnica e giuridica è che, contrariamente a quanto sostiene la Suprema Corte, la disciplina riguardante le misure tecnologiche di protezione non sono applicabili riguardando soltanto le opere audiovisive.

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Revolution? No, reazione

Tempo addietro avevo riportato la notizia della campagna legale Nintendo contro la schedina R4 Revolution.
Bene, pare che, almeno in Italia, il primo round l’abbia vinto proprio la casa giapponese, pur in sede civile. Ce lo riferisce, ad esempio, il Corriere.
E’ realmente difficile dare un parere sulla vicenda senza leggere il provvedimento del tribunale milanese (se qualcuno l’avesse…), però, dalle parole del rappresentente italiano di Nintendo mi sembra di capire che si sia seguita la traccia della giurisprudenza (pur penale) in tema di mod-chip per Playstation laddove si considera il videogioco come un’opera complessa e multimediale (né software, né audiovideo, ma entrambe le cose direi).
La cosa mi perplime un po’, non da oggi.
Sul caso mod-chip, ribadisco quanto detto a suo tempo sull’ordinanza del Riesame di Bolzano malgrado la Cassazione, decidendo sulla successiva sentenza della Corte di Appello di Trento, abbia confermato quella via. Peraltro, incidentalmente segnalo che la decisione citata qualche giorno fa in realtà non aveva un grande valore in punto innovazione giuridica, ma era sostanzialmente riproduttiva di quella precedente (e riguardava la stessa causa).
Dunque, tornando la tema, io rimango dell’idea che, giuridicamente, un videogioco sia software. Leggendo la mia intervista di cui sopra, capirete che c’e’ un fondamento nella nostra legislazione di cui, pero’, nessuna sentenza a me conosciuta menziona (ancorché per dichiararne l’irrilevanza – soltanto questa sentenza di Bolzano giunge alle medesime conclusioni pur percorrendo la via dell’analisi tecnologica).
Non si discute sulla natura di opera dell’ingegno in capo ad un videogioco. Ma questa opera “complessa e multimediale” mi sa tanto di figura giuridicamente atipica. Circostanza che ben poco si concilia col penale.
Come al solito – e leggevo proprio la stessa conclusione in uno scritto di G.B. Gallus – abbiamo regole sul diritto d’autore ipertrofiche eppure con tanti buchi che, spesso, sono chiusi in danno dei più deboli. Ma nessuno sembra volerci mettere mano seriamente.

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