2018: le liste di proscrizione

Io sono molto triste e un po’ preoccupato. Perché siamo nel 2018 e si leggono ancora certe pratiche brutali e incivili: le liste di proscrizione. Wikipedia ci spiega cosa sono, ma, più o meno, lo sapevamo già.
Diciamo anche che la stragrande maggioranza di coloro che scrivono sull’argomento *link-tax*, *direttiva-copyright*, ecc. non ha la benché minima competenza in tema di diritto d’autore e, per giunta, non ha capito che il mondo va avanti, malgrado noi. Spesso si tratta di orientati politici che sfoderano numeri suggestivi, come quella, che ho appena sentito, circa la tutela dalle fake news. Una stupidaggine, mi si consenta. Ma si sa che, specie in Italia, lo sport nazionale è parlare di cose di cui non si capisce nulla, provando a fare il mestiere degli altri (mestiere fatto di impegni e studi pluridecennali).
Ma torniamo al punto. Le liste di proscrizione sono le liste degli europarlamentari PD che hanno votato a favore della direttiva. Hanno sbagliato, sono d’accordissimo, ma non meritano di essere evidenziati in una lista volutamente postata per additarli, per condannarli, per esporli al pubblico ludibrio. Non è critica, è soltanto inciviltà.
Rammento una cosa di dieci anni fa, io c’ero. Ricordiamola insieme QUI.
E non ho altro da dire su questa faccenda.

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La PEC incompleta, va bene lo stesso

La Cassazione dice che se l’atto allegato alla PEC è incompleto (due pagine di tre, soltanto i fronte…), va bene lo stesso. L’importante è che il sistema confermi accettazione e consegna.
Quanto il giudice non sa guardare al di là del proprio naso, non capisce che per l’ufficiale giudiziario vale la sua dichiarazione (di notificazione dell’atto integrale), mentre per la PEC e’ immediatamente verificabile (anche che, ad esempio, chi ha fatto la notifica ha dichiarato il falso, pur in buona fede).
Su Penale.it

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Astensione avvocati > 25, 26, 27 giugno 2018

L’Unione delle Camere Penali Italiane, con la sua Giunta, delibera tre giorni di astensione (quello che alcuni chiamano sciopero, ma non e’ cosi’…) per protestare contro la situazione vergognosa della Giustizia barese (udienze nella tendopoli…) e per il silenzio del neo Guardasigilli che non ha alcuna idea sul da farsi, su come dare una dimensione di “servizio” alla Giustizia.
QUI la delibera.

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GDPR: non facciamoci prendere dal panico

Due parole, molto pratiche, sul GDPR e sul perché non farsi prendere dal panico, dallo sconforto.
Come tutti sappiamo, il 25 maggio prossimo dovremo essere OK con la nuova disciplina del Regolamento europeo sulla privacy 2016/679 (il GDPR o GDPR2018).
Ma cosa c’è da fare? La risposta non è così immediata, tuttavia alcuni paletti si possono porre subito.
Iniziamo col dire che anche i più piccoli devono fare qualcosa. Non è vero che le realtà ristrette (un singolo professionista, un piccolo commerciante, magari ditta individuale) non devono fare nulla. Vero, è, però, che molto spesso gli adempimenti sono realmente pochi e vale la pena di, appunto, adempiere (non foss’altro che evitare sanzioni non certo lievi).
E’ parimenti vero che anche le realtà no profit devono aggiornarsi alle nuove regole, sicuramente con particolare attenzione quando trattano dati sensibili (es.: associazioni che operano nell’ambito sanitario).
Soltanto il privato, se tratta i dati per motivi personali e domestici (es. la rubrica del telefono), è esentato.
Sempre ricordando che un minimo di auditing della situazione deve essere sempre fatto (proprio per capire quali dati si possiedono, come vengono trattati, ecc.), il più delle volte, però, basta un aggiornamento dell’informativa anche del sito Internet e la tenuta del registro dei trattamenti (non sempre obbligatorio, ma vivamente consigliabile, a mio avviso).
Da tempo sono disponibili software per la “messa a norma” con licenze a partire da poche centinaia di euro. Non si può fare di tutta l’erba un fascio, ma un programma non può fare da solo, specie se non si conoscono alcuni concetti fondamentali della materia; che sono proprio il lavoro di un consulente (che non necessariamente costa di più).

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Siti e responsabilità

C’è un (neppur tanto) velato pregiudizio nei confronti delle pubblicazioni telematiche, di Internet in genere. Non credo sia paranoia.
Ancora oggi, nella aule di giustizia (anche di un certo rango), si cade nell’inaccettabile affermazione di responsabilità di un titolare di sito Internet per contenuti (commenti) altrui.
Ci ha pensato, però, la Cassazione, con una sentenza di qualche giorno fa, a stabilire (per l’ennesima volta) che, sebbene sia ormai pacifico che il titolare non risponde di omesso controllo come il direttore di una testata giornalistica, lo stesso titolare non è necessariamente corresponsabile per il solo fatto di aver “animato” la discussione nel corso della quale sono intervenuti messaggi diffamatori.
Cassazione con rinvio, proprio per approfondire il ruolo del titolare.
Sentenza su Penale.it.

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Pare che (GDPR e depenalizzazione)

Pare che, alla fine, la Commissione per l’adeguamento al GDPR abbia rinunciato non soltanto alla totale abrogazione del Codice privacy vigente (d.lgs. 196/2003), ma anche alla depenalizzazione del reato di Trattamento illecito di dati personali (art. 167 Codice) che ne uscirà rimaneggiato (per adattarsi al GDPR) e affiancato anche ad altre nuove fattispecie.
Sarebbero, invece, abrogati gli art. 169 e 170 del Codice.
Notizie frammentarie, non ufficiali, fondate su alcune bozze che stanno circolando, ma la fonte è abbastanza attendibile.
Vedremo nei prossimi giorni, per sicurezza.

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Astensione penalisti 2 e 3 maggio 2018

La Giunta UCPI ha deliberato proprio ieri per protestare contro la mancata attuazione della riforma del diritto penitenziario, accantonata per ragioni elettorali e politiche, malgrado la delega.

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“Adeguamento al GDPR: la portata “rivoluzionaria” della depenalizzazione

Sulle pagine di ANORC è uscito un mio breve contributo sulla *rivoluzione* penale conseguente il GDPR.
Che, in parte, tanto rivoluzione non è, anche se è ancora tutto da vedere. C’è molta confusione in giro, malgrado il 25 maggio non sia poi così distante.

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Sequestri un tanto al chilo

Si e’ appena diffusa la notizia secondo la quale il sito Bufale Un Tanto Al Chilo (www.butac.it), molto noto per la sua attività di debunking, sarebbe stato posto sotto sequestro, preventivo, dalla magistratura. Ed è proprio così.
Ecco uno screenshot
Le informazioni, però, sono un po’ contraddittorie e non sempre coerenti.
Paolo Attivissimo sta facendo la webcronaca, anche con informazioni di prima mano.
Sorprende, però, che nel 2018 si sequestrino interi siti e non, eventualmente, singoli post, specie quando il sito – peraltro assolutamente trasparente – è italiano.
Staremo a vedere.

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ADISI e dati personali

A maggio partirà il Corso di aggiornamento professionale “Il diritto alla protezione dei dati personali nel contesto del nuovo regolamento europeo”, dapprima a Rimini, poi si vedrà (Lugano e Milano sono sedi ipotizzate).
Grazie ad ADISI e all’avv. Andrea Sirotti Gaudenzi.

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