Chiediamo il dissequestro? – UPDATED

Se vogliamo raccogliere questa “originale novità” di un sequestro disposto, in quel modo, su beni non materiali, andiamo sino in fondo, sino a riconoscere che un abbonato Internet ha diritto alla “restituzione” di quel bene. Poi, se la restituzione non può essere disposta è un altro paio di maniche, ma io, con un laido abbonamento TI, voglio quel sito, anche se non mi interessa di comprare le sigarette di “contrabbando” (questa è la contestazione). Voglio accedere, ne ho diritto. Punto.

In questa provocazione, propongo, a vostro rischio e pericolo (come spiegato nelle note) un atto d’impugnazione.

ECC.MO TRIBUNALE PER IL RIESAME DI MILANO

Richiesta di riesame ex artt. 322 e 324 c.p.p. 

Il sottoscritto………………………….. nato a ……………………………… il …………………………………. e residente in ………………………………………………., elettivamente domiciliato in ……………………., nella qualità di persona che ha diritto alla restituzione in quanto titolare di connessione Internet con contratto di accesso alla Rete stipulato con il provider …………………………………… (e come meglio specificato nei motivi) 

DICHIARA 

di interporre richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo emesso in data 22 settembre 2008 dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Milano dott. Andrea Ghinetti (proc. pen. nn. 42486/06 RGNR – Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano nonché 9502/06 RGGIP Tribunale di Milano) con il quale veniva disposto il vincolo, mediante “oscuramento”, dei siti Internet già raggiungibili agli indirizzi www.k2smokes.ch e www.rebelsmokes.com. 

MOTIVI 

Contrariamente a quanto assunto dal GIP, il sequestro preventivo su siti Internet non può essere “pacificamente” disposto mediante oscuramento, in particolare se detti siti sono collocati su server localizzati all’estero (come risulterà in atti) e il loro oscuramente può avvenire, come in effetti è avvenuto, soltanto mediante l’inibizione, operata dai provider nazionali su ordine dell’Autorità, di accesso da parte di utenti italiani (o che, comunque, si avvalgono di provider nazionali) e non con una materiale apprensione del server.

Ostano insormontabili ostacoli di carattere logico e giuridico.

Come, infatti, osservato da una recente ordinanza emessa dal Tribunale per il riesame di Bergamo in un caso del tutto analogo, un decreto di tal contenuto “lungi dal costituire materiale apprensione di un bene, si risolve in verità in una inibitoria atipica, che sposta l’ambito di incidenza del provvedimento da quello reale – come detto ambito proprio del sequestro preventivo – a quello obbligatorio, in quanto indirizzato a soggetti indeterminati (i cd. provider), cui è ordinato di conformare la propria condotta (cioé di non fornire la propria prestazione), al fine di ottenere l’ulteriore e indiretto risultato di impedire connessioni al sito in questione” (Tribunale per il riesame di Bergamo, Ordinanza 24 settembre 2008 – dep. 3 ottobre 2008 pubblicata su http://www.giuristitelematici.it/modules/bdnews/article.php?storyid=1520).

D’altro canto, ad ulteriore riprova dell’impossibilità di poter ricondurre l'”oscuramento” de quo agli schemi di un sequestro preventivo, misura cautelare “reale”, va osservato che l’ordinamento conosce distinte forme di inibizione tassative, limitate nell’àmbito e di competenza di soggetti diversi dal giudice penale (es.: Decr. Min. Comunicazioni 8 gennaio 2007 in tema di pedopornografia).

Si precisa che, al fine della valutazione della tempestività dell’impugnazione, lo scrivente ha avuto notizia del ridetto sequestro soltanto a seguito dell’articolo “Italia, in arrivo nuove forme di censura” pubblicato il 17 ottobre 2008 sul quotidiano telematico Punto Informatico (http://punto-informatico.it/2442295/PI/News/italia-arrivo-nuove-forme-censura.aspx).

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