Peppermint: ultimo atto?

Visto che ne hanno parlato tutti, mi accodo. Ma non per saltare sul carro dei vincitori perché è nota la mia posizione dubbiosa. Insomma, sugli esiti che, appresso, esporrò non avrei scommesso. Ma è meglio così.
Il 28 febbraio (ma la notizia è filtrata soltanto il 13 marzo) il Garante ha imposto il blocco del trattamento dei dati raccolti da Peppermint, Techland e Logistep ordinandone la cancellazione entro il 31 marzo 2008. QUI il provvedimento, QUI il comunicato stampa.
Ora cosa può succedere? Le Società possono impugnare il provvedimento di fronte al giudice amministrativo e chiederne la sospensiva. Se non ottengono la sospensiva per tempo, devono cancellare (in caso contrario, scatterebbe il penale).
Comunque, se il provvedimento del Garante dovesse rimanere fermo mi sembra logico pensare che le cause di civili iniziate con quei dati non potranno andare avanti con successo.
Si parla già di azioni di risarcimento degli utenti e di una nuova valutazione penale delle lettere inviate dallo studio legale di Bolzano. Vedremo.

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6 Responses to Peppermint: ultimo atto?

  1. Gianni says:

    Mi stupisce un pò questa posizione “di dubbio” da parte tua.
    Leggendo i tuoi interventi circa l’IP associabile a dato personale, pensavo avresti tratto maggior sicurezza dallo scritto del Garante.

    Dopotutto il Garante non ha fatto altro che affermare: “I dati catturati sono da intendersi come identificativi e non possono essere pertanto schedati senza un diretto consenso e l’informativa necessaria”.

  2. Daniele says:

    No, Gianni, non e’ quello il punto.
    Soltanto, dopo la riforma sul diritto d’autore del 2006 quell’azione di Peppermint non era tanto sballata. Due giudici l’hanno riconosciuto, poi, ovviamente, possono aver sbagliato.

  3. Daniele says:

    Come ho sempre avuto i miei dubbi circa la presunta intercettazione di Logistep, per dirne una (v. PI di oggi).
    Non che abbia capito tutto, ma stare un po’ piu’ scostati dal flusso generale e’ sempre piu’ difficile.

  4. Gianni says:

    Capisco il tuo punto, sono però dell’avviso (in linea generica) che il diritto d’autore abbia una valenza minore rispetto al diritto alla privacy.

    Chiaro che poi un giudice (o due, o cento) da noi non fanno una legge nè danno un’impronta incontrovertibile, però la tendenza politica in questi ultimi due anni è stata quella di orientarsi verso leggi anti-intercettazioni (per fini estranea al P2P, sicuramente).
    Questa tendenda a mio avviso sta dando anche l’abbrivio a chi è chiamato a giudicare.

    Noi (Italia) del restro siamo un paese in controtendenza.
    Gli States prima, la Francia poi e ora anche il Giappone (ma l’articolo di oggi su P.I. non lo ritengo preciso al 100%) vedono il diritto d’autore come superiore al diritto alla privacy.

    Mi sovviene un pensiero: il legislatore terrà da conto, in futuro, che l’utente medio è in grado sia di occultare il proprio indirizzo IP (in modo semplice) sia cifrare i propri file su disco senza che la cifratura sia smascherabile (impedendo di fatto ogni azione volta a “pizzicarlo”) ?

  5. mfp says:

    Gianni, il legislatore può fare quello che gli pare, tanto il p2p non si ferma. Il 20% del traffico p2p e’ già cifrato… mentre parliamo stanno nascendo darknet di ogni tipo e grado… più il legislatore non onora l’opinio iuris, più i governati si scollano dallo stato di diritto. E il processo e’ irreversibile. Dunque o il legislatore si adegua, o il legislatore smette di avere legiferati da castrare.

  6. Zappon says:

    L’80 % del traffico internet in termini di byte è ormai p2p, di questo il 20% è cifrato,
    il 20% non è tecnicamente rintracciabile in alcun modo (mute, ant, reti onion) .

    Gli interventi di molti legislatori nel mondo, e relative magistrature, ormai assomigliamo di più al tentativo di fermare uno tsunami costruendo un castello di sabbia sulla spiaggia…

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